Nuovi strumenti per nuove sfide

di Luca Campagnoli* 

Nulla sarà più come prima!” tutti lo dicono e lo scrivono… sicuramente è vero. Nel mondo del lavoro molto è cambiato.

Tutti ci accorgiamo di quanto il mondo che ci circonda, così tecnologico e iperconnesso sia sempre più caratterizzato da un cambiamento veloce. Cambiano i modelli di consumo, cambiano le organizzazioni del lavoro, cambiano i bisogni delle aziende e dei lavoratori.

In un’intervista sul Messaggero, Paolo Boccardelli (direttore della Luiss Business School) definisce le nuove imprese post pandemia imprese-piattaforma, dove il valore aggiunto non è solo quello della transazione economica, e il driver non è dato più solo dalle economie di scala: il nuovo centro del business è la valorizzazione delle reti che insistono nell’ecosistema dell’impresa, fatto dai consumatori e dai fornitori, da chi valorizza e profila i contatti, da chi investe sui big data che si generano.

Questo nuovo modo di guardare alla realtà economica che ci circonda, oltre a cogliere i profondi cambiamenti in atto, ci permette di focalizzare l’attenzione sul fattore discriminante per il successo dell’impresa: “le risorse umane” sia interne che esterne all’impresa, che comprendono tutta quella serie di relazioni e sinergie che vedono l’impresa come il nodo cruciale e attivo del tessuto economico.

Se ci focalizziamo sull’analisi delle risorse interne, proviamo a capire come poterle sviluppare, accrescere e gratificare. Quali strumenti possiamo implementare per coinvolgere il nostro personale e vincere la partita della competitività? Ecco di seguito tre azioni fondamentali che l’azienda non può lasciarsi sfuggire:

  • SMART WORKING, un nuovo modo di organizzare il Lo smart working deve ancora espletare la sua vera potenzialità e solo quando sarà frutto della libera scelta dei lavoratori e delle aziende, finalmente potremo vedere gli effettivi risvolti della rivoluzione avvenuta in questo periodo di distacco forzato. Lo smart working deve trovare nuove equilibri e fissare nuove regole. Tanti esempi di accordi nelle grandi aziende stanno indicando varie possibili soluzioni. Per esempio, c’è l’azienda che si accorda con i sindacati per non pagare più lo straordinario riconoscendo in cambio la possibilità per questi ultimi di organizzare in autonomia quando svolgere la prestazione lavorativa. Altri accordi puntano sul concentrare l’attenzione sull’obiettivo svincolando sempre più la retribuzione dalla quantificazione oraria del lavoro. Sta di fatto che gli accordi più lungimiranti derivano da una cultura aziendale di fiducia e flessibilità presente nelle aziende ben prima del Covid. Solo un confronto serio e strutturato può dare i migliori risultati per i lavoratori con benefici per la stessa azienda e per il territorio. Il nuovo paradigma lavorativo che può essere vincente per entrambe le parti coinvolte, impresa e lavoratori, è infatti frutto della cultura aziendale che si crea nel tempo facendo formazione, coinvolgendo i lavoratori e aumentando la consapevolezza.
  • WELFARE AZIENDALE   è     lo strumento che può essere usato come antidoto agli effetti negativi dello smart working. Lo smart working, se da un lato offre soluzioni capaci di contribuire alla valorizzazione delle professionalità, con impatti anche molto positivi sulla produttività, dall’altra, se gestito malamente, può allontanare i lavoratori, indebolendo l’identità Anche per questo strumento rimane fondamentale una buona formazione finalizzata allo sviluppo di un welfare attivo. Il welfare aziendale diventa uno strumento per il coinvolgimento del personale, tanto più necessario proprio quando in azienda si rischia una polverizzazione dei rapporti e delle relazioni. Ci sono tanti casi aziendali in questo particolare periodo, durante il quale il welfare si è dimostrato capace di essere un efficace strumento per la tenuta dei livelli di impegno e di coinvolgimento delle persone, idoneo a contrastare anche taluni effetti di quella “atomizzazione” dei team aziendali che “il lavoro da remoto forzato” ha inevitabilmente provocato. Il Welfare aziendale ha riscoperto la sua reale funzione sociale che ne giustifica anche il riconosciuto vantaggio fiscale. I nuovi servizi più apprezzati dai dipendenti, sono quelli sanitari integrativi e quelli dedicati agli anziani (people care). Sono stati forniti in modalità digitale, servizi che prima erano in presenza, per esempio:
  • prestazioni di supporto al benessere psicologico;
  • sostegno ai percorsi di istruzione dei figli costretti in DAD;
  • interventi per anziani non autosufficienti con appositi programmi di sostegno erogati on line in favore dei familiari dell’assistito.

FORmAZIONE CONTINUA. In un contesto come quello appena descritto, all’impresa serve creatività, che si genera tramite competenze continuamente aggiornate e stimolate. La formazione deve essere orientata all’apprendimento non delle funzioni ripetitive, ma della capacità di generare innovazione e di gestire le novità. Sono i talenti che l’azienda riesce a sviluppare, ad attirare e a trattenere che faranno la differenza e ne determineranno il successo competitivo. L’occupabilità deve essere l’obiettivo di ogni nuova azione di riorganizzazione del lavoro, affinché obiettivi di business e benessere del lavoratore possano essere convogliati nella medesima direzione.

Questi  tre strumenti si integrano reciprocamente, autoalimentando un processo virtuoso di cambiamento e di crescita aziendale. La riorganizzazione mediante lo Smart Working, rivisto e adeguatamente tutelato, passa attraverso nuove iniziative di Welfare Aziendale mirate ai lavoratori agili, adeguatamente formati secondo un complesso progetto di ridefinizione culturale. La nuova cultura che dobbiamo sviluppare e implementare prevede nuovi equilibri tra tecnologia, organizzazione e lavoro.

IL CAMBIAMENTO NASCE DAL BASSO

Questa gestione strategica delle risorse umane non è appannaggio esclusivo delle grandi imprese, ma deve svilupparsi sempre di più anche nelle imprese familiari, tessuto di imprese che in Italia è così diffuso e che gli esperti indicano come elemento chiave per la costruzione di un futuro sostenibile. In una intervista Manuela Morelli (Capo pianificazione e Sviluppo delle Risorse Umane presso l’ONU) sostiene che “la gestione delle risorse umane nelle PMI è ancora spicciola, fatta di cedolini, turni e buste paga, ma la letteratura già dimostra che si deve andare verso un nuovo paradigma più strategico che significa investire nelle persone, nella formazione, nella valutazione dell’efficacia della performance e nell’acquisizione dei talenti esterni al perimetro aziendale.”

Forza, rimbocchiamoci le maniche, la strada è ancora lunga, ma la sfida è affascinante…

* Odcec Piacenza

 

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