Il contratto di associazione in partecipazione
di Paolo Giorgiutti*
L’opera di riordino dei contratti di lavoro da parte del Governo, oggetto dello schema di decreto legislativo in fase di approvazione, investe anche il contratto di associazione in partecipazione.
L’intenzione di riformare l’istituto dell’associazione in partecipazione si affianca a quella di abrogare i contratti a progetto ed entrambe perseguono l’obiettivo di ripristinare la centralità del rapporto di lavoro subordinato, operando un’azione dissuasoria dell’impiego di quei contratti parasubordinati che, a tutti gli effetti, celano in molti casi apporti di lavoro dipendente.
La rubrica dell’art. 50 di predetto schema di decreto legislativo è formulata in termini inequivocabili: superamento dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro.
Altrettanto chiaro è il contenuto dell’articolo, che inciderà sulla possibilità di sottoscrivere contratti di associazione con apporto di lavoro. La disposizione sarà così formulata:
Art. 50
1.) All’articolo 2549 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a.) al primo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “di capitale”
b.) i commi secondo e terzo sono abrogati
2.) L’articolo 1, comma 30, della legge n. 92 del 2012 è abrogato
3.) I contratti di associazione in partecipa- zione nei quali l’apporto dell’associato consiste anche in una prestazione di lavo- ro sono fatti salvi fino alla loro cessazione
Cosicché, la veste del nuovo articolo 2549 del codice civile sarà la seguente:
Con il contratto di associazione in partecipazione l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto di capitale.
Con la nuova versione dell’art. 2549, il contratto di associazione in partecipazione rimarrebbe, pertanto, “salvo” solo in presenza di un apporto esclusivo di capitale; modalità che, però, non ha mai suscitato grande interesse, a causa della penalizzazione che subisce sul piano fiscale, dal momento che il combinato disposto degli artt. 47 co. 2 e 109 co. 9 lett. b) del TUIR prevede l’assimilazione dei proventi dei contratti di associazione in partecipazione al regime dei dividendi “allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi”. E, post riforma, il compenso riconosciuto all’associato non sarebbe, quindi, deducibile, da un punto di vista fiscale per l’impresa – contrariamente a quanto è oggi possibile in presenza di un apporto di solo lavoro -.
La disciplina del contratto di associa- zione in partecipazione viene, inoltre, “ripulita” del comma 2, introdotto dalla Legge Fornero (L.92/2012) e che aveva rappresentato, dopo 60 anni, l’unica modifica compiuta all’articolo 2549 c.c. Il comma 2 prevedeva (uso il tempo al passato dando per scontata la conferma della modifica preannunciata) un’azzardata ipotesi di automatica conversione dei contratti di associazione in partecipazione in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, qualora lo stesso associante impiegasse oltre tre associati contemporaneamente sulla medesima attività. Non so se questo precetto sia mai stato fatto valere in sede giudiziaria, ma certamente mi era sempre sembrato scorretto operare la conversione di un rapporto di lavoro autonomo in subordinato sulla base del semplice presupposto del superamento di una soglia numerica, senza approfondire la reale volontà delle parti e senza procedere a una verifica della presenza dei vincoli tipici della subordinazione – in estrema sintesi, dell’assoggettamento al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro -. Ancora una volta, si trattava di una prescrizione irragionevole, ma che era stata evidentemente introdotta nel nostro ordinamento al fine di scoraggiare l’utilizzo incontrollato dell’associazione in partecipazione come alternativa più economica al rapporto di lavoro subordinato.
A questo punto, sorge spontaneo porsi un quesito sostanziale circa le conseguenze della riforma in fase di approvazione: i contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro saranno vietati? Oppure, semplicemente, non saranno più disciplinati dal codice civile e potranno continuare a vivere in una dimensione contrattuale di libera determinazione tra le parti, in qualità di contratti atipici?
Pare che il Legislatore, con la riforma in atto, abbia adottato la medesima tecnica utilizzata con il contratto a progetto (commi 48 e 49 dello schema di decreto legislativo): ha “abolito” il contratto a progetto, riportando correttamente la questione della riqualifica- zione dei rapporti alla contrapposizione dei principi della locatio operis e della locatio operarum.
Si potrebbe ritenere, in buona sostanze, che lo stesso destino coinvolga anche il contratto di associazione in partecipazione. Sarebbe ingiustificato sostenere che non si possa più continuare a configurare un rapporto di la- voro autonomo, con corrispettivo determinato sulla partecipazione ai risultati dell’impresa associante o di un suo singolo affare.
Un patto di interessenza ben si concilia, infatti, con un rapporto di lavoro auto- nomo regolamentato dall’art. 2222 del codice civile: “Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vin- colo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV”. In altre parole, se consideriamo che il contratto di associazione in partecipazione appartiene senza dubbio alla famiglia del contratto d’opera, esso potrà continuare a esistere, incarnando la fattispecie del con- tratto di lavoro autonomo con un compenso determinato in percentuale sugli utili dell’impresa associante o del singolo affare. Si porrà, certamente, la questione se, da un punto di vista fiscale, sarà necessario per l’associato operare o meno in ambito IVA.
La risposta, come in passato, si rinverrà agevolmente nella lettura dell’articolo 5 del D.P.R. 733 del 1972, che sancisce che fuoriescono dal campo di applicazione IVA le prestazioni di servizi inerenti ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 50, comma 1, lett. c bis) del TUIR, nonché le prestazioni di lavoro effettuate dagli associati nell’ambito dei contratti di associazione in partecipazione di cui all’art. 53, comma 2, lett. c), del TUIR, rese da soggetti che non esercitano per professione abituale altre attività di lavoro autonomo. In corrispondente analogia con quanto accaduto con la riforma del contratto a progetto, l’intervento normativo non ha, quindi, inciso sulla disciplina fiscale, che è rimasta invariata.
Potrebbe, invero, sorgere il dubbio se il “nuovo” contratto di associazione in partecipazione sia fiscalmente inquadrabile negli stessi termini di una “vecchia” associazione in partecipazione, ovvero sia ai sensi dell’art. 53 comma 2, lett. c) del TUIR, che qualifica come reddito di lavoro autonomo “le partecipazioni agli utili di cui alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 41 [ora art. 44] quando l’apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro”. Detta lettera f) chiarisce che la previsione di cui all’art. 53 comma 2 lett. c) è applicabile agli utili derivanti da associazione in partecipazione (senza però citare direttamente l’art. 2549 del c.c.) e da contratti indicati nel primo comma dell’art! 2554 del codice civile! E quest’ultimo articolo si riferisce genericamente al contratto di cointeressenza agli utili di una impresa, senza partecipazione alle perdite, fattispecie in cui, a mio avviso, potrebbe ben rientrare anche il contratto di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro post riforma in corso.
In via alternativa, si potrebbe propendere per inquadrare fiscalmente detto nuovo con- tratto di associazione come collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. c bis) del TUIR, che qualifica come redditi assimilati al lavoro dipendente quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita. Ciò in considerazione del fatto che un corrispettivo correlato a una percentuale fissa rappresenta pur sempre una retribuzione periodica prestabilita. E, in effetti, non nascondo che, personalmente, quando mi si richiedeva qualche consiglio sulla redazione di un contratto a progetto, suggerivo – laddove possibile – di determinare il compenso proprio su una percentuale sull’utile del singolo affare o dell’impresa, al fine di mettere in evidenza la presenza di un rischio personale da parte del lavoratore e ben conscio del fatto che detta pattuizione non avrebbe comunque alterato la natura del rapporto contrattuale.
Una conclusione, seppure azzardata, di tutto questo ragionamento potrebbe condurre a sostenere che una norma specifica sul contratto di associazione in partecipazione sia addirittura superflua, proprio perché la partecipazione agli utili di un’azienda non rappresenta un’anomala o eccezionale forma di corrispettivo in un rapporto di lavoro autonomo.
Vi propongo, infine, una bozza di un con- tratto di lavoro autonomo, da adottare eventualmente in sostituzione dei contratti di associazione in partecipazione fino a ora sottoscritti e riconducibili all’art. 2549 del codice civile. Sottolineo, per inciso, un assunto tanto ovvio, quanto fondamentale per offrire di una buona consulenza: qualsiasi intestazione si voglia dare al contratto – es. con- tratto di lavoro autonomo, contratto di interessenza con apporto di lavoro o contratto di consulenza -, così come qualsiasi siano le clausole che si vadano a confezionare, quello che rileverà sarà, in ogni caso, la reale volontà delle parti di disciplinare i reciproci rapporti nell’alveo dell’autonomia e non in quello della subordinazione.
Di seguito fac simile contratto di lavoro autonomo:
CONTRATTO DI LAVORO AUTONOMO
Con la presente scrittura privata tra le parti:
il signor , nato a il e domiciliato in via cod. fisc., che partecipa al presente atto in qualit0 di legale rappresentante della società __________________, di seguito definita committente;
il signor nato a il e domiciliato in , via cod. fisc., che partecipa al presente atto in qualità di prestatore d’opera;
premesso:
- che il committente esercita l’attività di _______________
- che il committente ha deciso di organizzare in modo più razionale la struttura aziendale, trovandosi, quindi, nella necessità di acquisire apporti di lavoro qualificato2
- che il prestatore d’opera ha accettato di apportare nell’impresa sopra specificata il proprio lavoro consistente in ____________
tutto ciò premesso, si conviene, di comune accordo, di stipulare un contratto di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 2222 del C.C.
Il presente atto è regolato dalle seguenti condizioni ;
1) Il prestatore d’opera si obbliga a prestare nell’azienda del committente attività coordinata e continuativa, senza vincolo di subordinazione, per l’intera durata del contratto, così come precisato nelle premesse, che qui devono intendersi richiamate in toto. Si ribadisce che è escluso, per esplicita volontà delle parti, ogni vincolo di subordinazione, escludendo che il prestatore d’opera sia soggetto a qualsivoglia potere disciplinare e gerarchico e dovendo lo stesso prestatore d’opera attenersi solamente alle direttive del committente cui compete la gestione dell’impresa indirizzate al compimento del migliore risultato aziendale!
2) A fronte dell’attività svolta, il prestatore d’opera ha diritto di ricevere dal committente il ____% degli utili netti da quest’ultimo conseguiti!. La determinazione degli utili netti su cui sarà quantificata detta percentuale avverrà sulla base della seguente formula :____________. Le parti espressamente convengono che, qualora nel corso dell’anno vengano attribuite una o più somme al prestatore d’opera, le medesi me debbano essere considerate acconti. In sede di determinazione della percentuale di utili spettanti al prestatore d’opera, le somme come sopra descritte dovranno essere conguagliate o restituite, con riferimento a quanto effettivamente spettante. Il prestatore d’opera, anche al momento dell’eventuale cessazione del rapporto, non avrà diritto a null’altro, a nessun titolo e ciò con esplicito riferimento a indennit0à di cessazione, avviamento, diritti su eventuali accrescimenti, etc.
3) Il contratto sarà di diritto rinnovato annualmente, senza preventivo accordo tra le parti, qualora non intervenga disdetta con raccomandata A.R. che una parte dovrà comunicare all’altra almeno tre mesi prima della scadenza!
4) Alla fine di ciascun esercizio, il committente redigerà un rendiconto, al fine di procedere al calcolo della quota di utile spettante al prestatore d’opera. La quota di utili o l’eventuale conguaglio dovrà essere regolata entro ______________.
5) In caso di decesso del prestatore d’opera, la liquidazione delle spettanze sarà anticipata a tale data, mentre il contratto si dovrà intendere risolto. Sarà, inoltre, in ogni caso, causa di risoluzione del presente contratto il verificarsi di si tuazioni o fatti che non consentano la prosecuzione del rapporto su una base di reciproca fiducia. A titolo esemplificativo e non esaustivo,: ______________.
6) Le parti espressamente convengono che qualunque violazione degli obblighi assunti con il presente contratto sia causa di risoluzione del medesimo, fatto salvo il diritto al risarcimento dell’eventuale danno. Il recesso dovrà in ogni caso essere comunicato dalla parte che intende recedere alla controparte con raccomandata A.R.
7) Il prestatore d’opera si impegna a non rivelare a terzi, neppure dopo la cessazione del presente contratto, segreti aziendali o commerciali del committente o altre notizie di cui sia venuto a conoscenza attraverso la propria attività.
Letto approvato e sottoscritto. li,
Il committente Il prestatore d’opera
*ODCEC di Udine
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