La tutela assicurativa dei rapporti di lavoro negli enti religiosi

di Giovanni Panatta*

Gli Enti ecclesiastici, come qualsiasi altro soggetto economico e non economico, possono conseguire i loro obiettivi sia attraverso il lavoro degli aderenti sia attraverso prestazioni lavorative rese da terzi e pertanto non hanno limitazioni nell’utilizzo di qualsiasi forma di lavoro contemplata dall’ordinamento italiano. Lavoro subordinato, collaborazioni a progetto, lavori occasionali e lavori domestici, tanto per citare alcune forme di lavoro tra le più utilizzate, non sono in alcun modo incompatibili con la particolare attività del datore di lavoro ecclesiastico. Tuttavia, le peculiarità degli Enti religiosi hanno imposto nel tempo un’attenzione particolare del Legislatore e provocato una serie di approfondimenti del- la Magistratura e degli Enti gestori della Previdenza ed Assistenza in ordine all’interpretazione da dare alle norme comuni che tutelano l’assicurazione previdenziale dei lavoratori, al fine di contemperarle con le singolari caratteristiche che può assumere un’attività lavorativa resa in favore di un En- te religioso. Ad esempio, una caratteristica tipica dei servizi prestati in favore di un En- te religioso è l’assenza dell’elemento “retribuzione” che rappresenta uno dei criteri di- stintivi di maggior peso utilizzati per individuare l’assicurabilità o meno di una presta- zione lavorativa. Non è raro infatti che un laico effettui un’attività lavorativa a titolo gratuito, in quanto la interpreta come un’offerta fatta alla comunità religiosa di appartenenza o una modalità di espiazione; inoltre, il voto di povertà pronunciato dai religiosi impedisce loro di essere retribuiti per qualsiasi attività resa in favore della comunità.

CLASSIFICAZIONE DEL CLERO

Il clero, può essere suddiviso essenzialmente in due categorie:

Clero secolare, detto anche clero diocesiano, costituito da quei vescovi, sacerdoti, diaconi che non sono vincolati ad una “regola religiosa” e che quindi vivono nel “secolo”, cioè nel mondo civile (dal latino saeculum, mondo); essi non sono obbligati a professa- re voti, in quanto l’essenza del loro sacerdozio (donare la vita a Dio per annunciare il Vangelo e celebrare i sacramenti) non ne richiede la loro pronuncia, ma fanno pro- messa di obbedienza e castità. Il prete diocesano (cioè il prete che non è anche religioso) non fa promessa di povertà, dovendo assolvere anche a compiti di gestioni economi- che, potendo pertanto gestire la sua vita come tutte le persone “normali” salvo ovviamente, per coerenza, avere uno stile di vita comunque sobrio, in sintonia col vangelo che annuncia.

Clero regolare, composto da quei vescovi, presbiteri, diaconi (frati, monache, suore, ecc.) che appartengono a Istituti religiosi aventi una determinata regola e che emettono i voti religiosi perpetui.

Inoltre, assume rilevanza per il tema in discussione, una ulteriore figura, quella del cosiddetto “oblato”. L’oblato, (dal latino oblatum = offerto) nel monachesimo cristiano ed in particolare nella Chiesa cattolica, in quella ortodossa e in quella anglicana, è colui il quale si offre a Dio e dedica a Dio il suo servizio. Gli oblati sono persone, in- differentemente laiche o religiose che desiderano seguire un Regola affiliando se stessi nella preghiera alla Casa di un Ordine di loro scelta pur non vivendo in alcun modo come membri dell’ordine a tempo indeterminato. Tra essi è utile evidenziare la figura dell’oblato conventuale o “fratello laico”, cioè quel laico adulto che per puro spirito religioso offre se stesso, i suoi beni e i suoi servizi a una comunità religiosa.

PRESTAZIONI RESE DA ECCLESIA- STICI APPARTENENTI A CLERO REGOLARE (frati, monaci, suore)

Gli ecclesiastici rientranti nella categoria del clero regolare sono coloro i quali appartengono a Istituti religiosi aventi determinate regole e che pronunciano i tre “voti” di povertà, castità e obbedienza. La Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 592/13 – 29 dicembre 1989, ha chiarito, richiamandosi alla sentenza n. 108 del 1977, che l’attività del religioso – di qualunque specie, ivi compreso l’insegnamento – non può essere considerata come svolta alle dipendenze di un “terzo” quando è prestata a favore dell’Or- dine o della Congregazione religiosa di appartenenza, o in Istituti di essi facenti parte, “dovendosi escludere la prestazione di attività lavorativa e ritenere la sussistenza di opera compiuta “religionis causa” in adempimento dei fini della Congregazione”. L’INPS, recependo la tesi di tale ordinanza, ha stabilito con circolare n.51 del 18/2/95, che l’attività prestata dai religiosi in favore dell’Ordine o della Congregazione di appartenenza anche se esplicanti attività che assumono rilievo nell’ambito dell’ordinamento giuridico statuale, non è soggetta alle assicurazioni sociali obbligatorie anche nei con- fronti dei soggetti di altre confessioni, assimilabili ai religiosi della chiesa cattolica. Fattispecie diversa è invece un’attività lavorati- va resa nei confronti di terzi, compresi Or- dini religiosi diversi da quelli di appartenenza. In tal caso, le prestazioni rese si ritengo- no non compiute in ottemperanza ai voti pronunciati di obbedienza in adempimento ai fini della Congregazione di appartenenza, e, di conseguenza, i religiosi sono soggetti all’assicurazione IVS e l’obbligo permane anche se il compenso non viene versato al lavoratore ma direttamente al suo Ordine o Congregazione di appartenenza, a seguito di apposita convenzione (circolare INPS 27/12/77 n.447).

PRESTAZIONI RESE DA ECCLESIASTICI APPARTENENTI AL CLERO SECOLARE (sacerdoti)

La legge 22/12/73 n.903 ha istituito presso l’INPS il “Fondo di previdenza per il clero secolare e per i ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica” (art.1), che ha lo scopo di concedere una pensione diretta all’iscritto che abbia compiuto il 65º anno di età (elevato a 68 anni con decorrenza 1/1/2003) o sia divenuto permanentemente invalido ed una pensione indiretta o di riversibilità ai superstiti dell’i- scritto o pensionato del Fondo stesso cui può accedere la stessa platea di soggetti delle pensioni comuni (art.2). Sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione al Fondo tutti i sacerdoti secolari, nonché tutti i ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica aventi cittadinanza italiana, residenti in Italia, dal momento della loro ordinazione sacerdotale o dall’inizio del ministero di culto in Italia fino alla data di decorrenza della pensione di vecchiaia ovvero della pensione d’invalidità (art.5 comma 1); sono invece esenti dall’obbligo dell’iscrizione a tale Fondo i rabbini, i vice rabbini e gli altri funzionari di culto ai quali venga assicurato, dalle comunità israelitiche dalle quali dipendono, il trattamento di quiescenza all’INPDAP (ex CPDEL). (art.5 comma 4). Il contributo da versare al Fondo, a differenza di quanto previsto per la generalità dei lavoratori, vie- ne corrisposto in misura fissa eguale per tutti e viene rivalutato annualmente. L’art.5 comma 5 riconosce la compatibilità dell’iscrizione al Fondo Clero con l’assicurazione generale obbligatoria AGO o con altre forme di previdenza sostitutive di quest’ultima ancorchè i contributi versati al mondo Clero non siano cumulabili con quelli versati e accreditati nelle altre gestioni previdenziali. Infine, il successivo comma 6 stabilisce l’esclusione dall’assicurazione generale obbligatoria AGO dei sacerdoti seco- lari che esplicano attività all’interno dell’ordinamento canonico tranne il caso di soggetti già iscritti all’IVS alla data di entrata in vigore della legge (11/1/74). L’esonero è esteso anche ai sacerdoti insegnanti presso i seminari e le loro scuole nell’ambito della loro diocesi di incardinazione o di servizio e nulla toglie a questa configurazione l’eventuale riconoscimento legale dei corsi della scuola del Seminario, né la circostanza che la stessa scuola venga frequentata anche da studenti esterni non aspiranti al sacerdozio. (circ. INPS 18/2/95 n.51).

Tuttavia, occorre sottolineare che nelle ipotesi in cui esista, tra il sacerdote e una pubblica amministrazione o un terzo soggetto estraneo all’ordinamento canonico, un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente (cappellani militari, cappellani degli ospedali, insegnanti presso scuole pubbliche, ecc.) sussiste l’obbligo all’assoggettamento all’assicurazione obbligatoria comune con l’esclusione del contributo DS (sentenza Corte Costituzionale 9/4/65 n.617).

PRESTAZIONI RESE DAGLI OBLATI CONVENTUALI

L’attività prestata invece da un oblato conventuale in favore della comunità religiosa a cui hanno affiliato se stesso, è considerata come conseguenza della regola che l’oblato è tenuto ad osservare. Di conseguenza, nei suoi confronti non sussiste alcun obbligo assicurativo anche se riceve vitto e alloggio e piccole somme di denaro per le spese personali, al pari dei religiosi che fanno parte della stessa comunità. Qualora, invece, l’attività venga prestata in favore di terzi, sussiste l’obbligo contributivo all’assicurazione generale obbligatoria Ago.

PRESTAZIONI RESE DA LAICI

La tutela previdenziale dei laici che offrono servizi nell’ambito di una comunità diocesana va valutata caso per caso. Le differenze sul piano normativo e assicurativo, relative al fatto che ad avvalersi della prestazione sia un ente religioso no profit anziché un ente commerciale, sono poche e del tutto marginali. Tuttavia, quando ad usufruire delle prestazioni è un Ente religioso, sorgono talvolta dubbi e perplessità sulla vera natura del rap- porto di lavoro quando questo viene reso volontariamente e a titolo gratuito, tant’è che il prevalente orientamento della dottrina e della giurisprudenza ammette la configurabilità del lavoro gratuito ovvero la possibilità di dare vita a figure negoziali atipiche in cui non sia previsto un corrispettivo. La collaborazione dei volontari è solitamente libera e gratuita e può avere carattere ecclesiale, educativo, caritativo, assistenziale o ausiliario, di conseguenza non è assicurabile alla gestione AGO. Ciononostante, nello svolgimento del rapporto di collaborazione, esiste il rischio che si verifichino situazioni assimilabili al rapporto di lavoro subordinato. In tal caso, al fine di evitare equivoci sulla natura del rapporto occorre prestare atten- zione alle caratteristiche più importanti del lavoro volontario, ovvero l’assoluta gratuità, la libertà di assentarsi dall’attività, l’esistenza di fonti personali di sussistenza del volontario, la delimitazione della collaborazione alle sole attività istituzionali della Parrocchia, con l’esclusione quindi di eventuali attività commerciali eventualmente attivate dalla Parrocchia.

  • Ispettore INPS NAPOLI
  • L’intervento è a titolo esclusivamente privato e non rappresenta ne impegna in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza

 

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