Ispezioni sul lavoro, nuovo codice di comportamento degli ispettori e nuovo regime sanzionatorio: quali rischi effettivi?

di Filippo Mengucci*

I colleghi commercialisti, in questo periodo, sono alle prese con alcune rilevanti novità in materia di accesso ispettivo e modalità di accertamento delle violazioni in materia di lavoro delle quali non possono non acquisire preventiva piena consapevolezza, per poi informarne compiutamente le aziende clienti proprie assistite.

La nuova disciplina riguardante il “Codice di comportamento ad uso degli ispettori del lavoro” ha, infatti, definitivamente sostituito il vecchio codice adottato con Decreto Direttoriale del 20 aprile 2006 ed è diretta alla integrazione e specificazione dei doveri del personale ispettivo in relazione ai compiti che sono tipicamente afferenti alle attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale.

In particolare il dettame normativo del D.M. del 15/01/2014 e le interpretazioni del “codice di comportamento” del personale ispettivo fornite dal MLPS con la recente circolare n.6/2014, si prefiggono di far collimare le esigenze di agilità d’azione degli ispettori del lavoro ma, a ben vedere, risultano a scapito della effettiva tutela del datore di lavoro ispezionato e dei suoi sottoposti per quanto meglio si dirà nel seguito. A ciò si aggiunga il fatto che, in materia di lavoro, si è potuto assistere ad una serie di provvedimenti legislativi poco comprensibili con incrementi, a distanza di pochissimo tempo, degli importi delle sanzioni amministrative per il lavoro sommerso, per quello irregolare e per le violazioni sui riposi e sull’orario di lavoro. Quindi la materia, già di per sé complessa, è divenuta ancora meno chiara per gli operatori. Con la circolare n. 5/2014, il Ministero del Lavoro è dovuto quindi intervenire per chiarire come applicare le regole sull’impiego ‘in nero’; il tutto alla luce dell’evoluzione della normativa che negli ultimi due mesi è mutata varie volte.

Per stabilire l’importo delle sanzioni in caso di accertamento di lavoratori in nero il commercialista ora è a conoscenza che, come anche ribadito a livello interpretativo dal MLPS, si deve fare riferimento al giorno in cui si è verificato il comportamento illecito. Si è risusciti in poco più di due mesi a generare una tale confusione in materia sia per la c.d. “maxisanzione ordinaria”, sia per quella c.d. “affievolita” (dove per entrambe si è addirittura passati dalla decuplicazione iniziale sino a definirne alla fine il solo raddoppio), che per la c.d. “sanzione da diffida” accertativa (ora risultata non più applicabile).

Il professionista che assiste l’azienda, solo per cercare di orientarsi nel ginepraio delle varie collocazioni temporali dell’illecito e per capire la sanzione da comminare al caso concreto, deve sempre tenere a portata di mano uno specchietto di come sono variati gli importi nel tempo, in base all’epoca di consumazione della violazione. Si hanno infatti tre “finestre temporali” delle sanzioni: fino al 23.12.2013 con i vecchi importi, dal 24.12.2013 al 21.02.2014 con i nuovi importi maggiorati e dal 22.02.2014 con i nuovi importi mitigati.

In proposito si rammenta che il D.L. n. 145/2013 ha portato un evidente inasprimento delle sanzioni per i casi comprovati di lavoro nero (nonostante la Legge n. 9/2014 abbia ridotto l’iniziale previsione), aumentando le maxi sanzioni ordinarie e quelle affievolite, vale a dire quelle irrogate in presenza di un rapporto di lavoro regolare precedentemente in nero. In materia di orario di lavoro e riposi è stata inoltre disposta la duplicazione degli importi, sono stati esclusi il pagamento breve e quello in misura ridotta per le violazioni in materia di orario lavorativo, ed è stato proibito il pagamento del minimo edittale, ad eccezione delle previsioni ex art.16 L.689/81.

Quanto al nuovo codice, inoltre, questo all’apparenza non sembra differenziarsi molto, se non per marginali e limitati aspetti testuali, dal precedente codice deontologico e professionale degli ispettori del 2006. In sostanza il nuovo codice pare riproduca le medesime disposizioni già note agli addetti ai lavori ma, a ben vedere, proprio per il caso della dichiarazione/denuncia d’accesso al titolare dell’attività e dell’assistenza al datore di lavoro da parte di soggetti abilitati ai sensi dell’art.1 della Legge n.12/79, non garantisce più la immediata conoscenza e/o presenza alle attività di controllo e verifica. La prima fase dell’intera procedura ispettiva è notorio come sia la più delicata. E su questa fase il nuovo codice di comportamento si legge come abbia rimosso due importanti obblighi che rendono di sicuro la procedura ispettiva più efficace, ma meno trasparente nei confronti dei titolari delle attività ispezionate.

Il fatto è che non è più obbligatorio per l’ispettore qualificarsi contestualmente all’accesso (perché dal tenore del vecchio art.6 è ora scomparsa la parola “contestualmente”). Ciò rende plausibile che gli ispettori preferiscano e/o ritengano utile presentarsi ufficialmente solamente durante la verifica, oppure al termine della stessa. Viene meno, pertanto, anche quella modalità di inizio dell’accesso con “denuncia” al titolare dell’attività prima di acquisire qualsiasi informazione e/o conferire con il datore di lavoro. Come a dire, che prima entro casa d’altri e solo dopo, a mio piacimento, decido di presentarmi ai padroni di casa!

Ad un’attenta lettura si osserva, inoltre, che il Codice entrato in vigore a gennaio nel riprodurre nella sostanza la previsione relativa all’assistenza del professionista, omette l’indicazione della circostanza finalistica e precipua di tale assistenza indicando genericamente: “….(omissis) affinchè presenzi alle attività di controllo e verifica”. Dal tenore letterale della disposizione emerge, quindi, un’azione degli ispettori che ora è più libera e meno “onerata” in quanto la nuova previsione omette di indicare la parola “obbligo” già nel titolo dell’articolo 8 (la vecchia dicitura riportava infatti “obbligo di informazione e assistenza all’ispezione” – ora la nuova dicitura solo “informativa e assistenza all’ispezione”). La sfumatura non è di poco conto perché può consentire agli ispettori dei margini di discrezionalità nel decidere quando indicare al datore di lavoro la possibilità di essere assistito. E ciò, purtroppo, per come è ora previsto, potrebbe addirittura avvenire anche in data successiva a quello del primo accesso ispettivo.

Detto primo documento ispettivo (il verbale di primo accesso) è risaputo quanto sia importante per gli addetti ai lavori allorchè, proprio nella fase del primo accesso, si effettua la verbalizzazione che costituisce la “fotografia” del soggetto ispezionato e si procede con l’acquisizione delle prime dichiarazioni di parte e dei presenti al lavoro. Dichiarazioni che, come è già capitato, qualora non sia presente il commercialista sono a volte rese e/o rilasciate direttamente dal datore di lavoro in maniera impropria o non corretta. Addirittura è capitato siano state rese inconsapevolmente a sfavore dell’azienda.

Se la normativa prevede, quindi, che ora gli accessi e le verifiche debbano essere il più possibile rapidi (risultato che l’autorità può conseguire prestando una particolare attenzione alla fase prodromica all’ispezione, raccogliendo dettagliatamente le informazioni ed esaminando i documenti, avvalendosi anche delle banche dati), è pur vero che la tutela del soggetto ispezionato e il suo diritto alla difesa, che deve essere garantito costituzionalmente sin dal primo atto ispettivo, appaiono irrimediabilmente compromessi.

Non si assiste solo ad una modifica di una rubrica (come almeno pare si voglia far passare il titolo del nuovo articolo 8), ma ad un mutamento radicale del contenuto sostanziale della previsione del codice di comportamento. Al personale ispettivo, che non è più “obbligato”, oggi si raccomanda solo “che abbia l’accortezza, laddove possibile, anche in relazione alle finalità dell’accertamento ispettivo, di conferire con il datore di lavoro o con chi ne fa le veci”.

E proprio qui, allora, sorge il problema della tutela affievolita che la legge appresta al soggetto ispezionato che non può sapere quando deve avvenire tale informativa e, per di più, quando sarà informato della possibilità di una assistenza qualificata. Quanto emerge chiaramente dalla lettura del nuovo codice è il fatto che tutto ciò non è più necessario avvenga all’inizio dell’ispezione, ovvero nella fase di avvio del controllo in azienda come accadeva in passato.

Se si valuta l’omissione della indicazione di tale ambito temporale con quella della facoltà di assistenza qualificata del professionista al datore di lavoro nel corso del controllo, si può ritenere legittima da parte degli ispettori anche una informativa di farsi assistere solo al termine del controllo medesimo. Ossia quando si è già giunti alla redazione del c.d. “processo verbale di accertamento unico” nel quale confluiscono tutte le risultanze del “verbale di primo accesso” e dell’attività istruttoria che ne è scaturita e/o seguita (magari svolta anche questa senza la presenza del commercialista che assiste l’azienda).

E’ evidente che la nuova disposizione lede soprattutto i soggetti disinformati, quelli meno “organizzati”, ovvero coloro i quali decidessero di richiedere l’assistenza (si ricorda che è una facoltà e non un obbligo) evidenziandone la necessità agli ispettori solo al termine delle operazioni ispettive. Quindi, come dire, quando i “danni sono già evidenti” e tentare di porvi un qualche rimedio preventivo (prima della verbalizzazione definitiva) sarebbe oramai fuori tempo massimo.

Il professionista, in poche parole, potrebbe doversi rassegnare ad un ruolo di semplice spettatore dell’ispezione e non più di “protagonista” come, invece, prevedeva il vecchio codice deontologico del 2006.

Su tale punto in definitiva si gioca la professionalità del consulente aziendale che, in caso di eventuale riscontrata infrazione al codice di comportamento, aveva prima la possibilità di evidenziare da subito tutti quei fatti degli ispettori che, per eccesso di potere (ovvero realizzati non nel rispetto delle regole poste da circolari, regolamenti interni ecc), potevano essere ben censurati dal giudice e dichiarati pur sempre illegittimi, travolgendo così i provvedimenti assunti dagli Enti in conseguenza (si pensi alle conseguenze sulle opposizioni a sanzioni amministrative irrogate dalle DTL e agli avvisi di accertamento/pagamento dell’Inps e dell’Inail aventi oggi valore esecutivo).

Rimane, per fortuna, ancora ferma la regola che per i funzionari ispettivi è obbligatorio mostrare il tesserino identificativo al momento dell’accesso: in assenza, l’ispezione è preclusa, a norma dell’art. 6.

Ma di questo il datore di lavoro deve esserne informato.

Gli artt. 20-28 del nuovo codice, poi, impongono sempre agli ispettori l’osservanza di quelle norme deontologiche che ricomprendono il dovere d’imparzialità, il divieto di divulgare informazioni, di intrattenere rapporti a vario titolo con i soggetti coinvolti e, oggi, anche quello di accettare omaggi e/o altre utilità sia dirette che indirette (valore superiore a 150 euro) come da specifica del DPR 62/2013 previsto per tutti i dipendenti pubblici.

Il nuovo testo ammette quindi che l’indagine possa essere condotta in ogni luogo connesso all’esercizio dell’azienda, senza limitazioni d’orario ma nel rispetto dell’attività aziendale, arrecando minor intralcio possibile avendo cura di informare il datore di lavoro o chi ne fa le veci della possibilità di farsi assistere da un professionista abilitato ai sensi di legge. Quindi anche presso lo studio del commercialista se dichiarato quale depositario del LUL.

Gli ispettori possono richiedere l’esibizione di documentazione il cui esame è effettuabile nello stesso luogo di lavoro, negli uffici dell’Amministrazione o nello studio del predetto professionista abilitato. Il datore che non ottemperi l’invito ad esibire i documenti (come anche il commercialista), è punito finanche penalmente.

Al datore di lavoro è preclusa la presenza durante l’interrogatorio dei lavoratori, nonché la successiva presa visione di copie delle dichiarazione, tranne in ipotesi determinate caso per caso e previa disposizione di accorgimenti che limitino il riconoscimento dell’identità del dichiarante. Questione questa che, peraltro, ha destato l’interesse della giurisprudenza che si è dovuta più volte pronunciare, anche in maniera contrastata nel tempo, nella materia di accesso agli atti amministrativi (ex multis, Cons. St. n.1842/2008, n.4035/2013). Quanto alle modalità di accertamento ispettivo si ricorda, infine, che lo stesso può essere disposto anche in modalità “sprint” ovvero quale “accertamento breve”, mirato solo a riscontrare incongruenze tra gli elementi afferenti l’azienda contenuti nelle banche dati (Unilav – Inps – Inail) e l’effettiva situazione riscontrata durante l’ispezione; a norma dell’art.13, in assenza di violazioni, l’autorità rilascia un verbale di primo accesso, dotato di efficacia probatoria privilegiata.

Il verbale unico di accertamento, invece, previsto dall’art.15, viene di norma rilasciato alla fine del procedimento, contiene tutto l’iter seguito, il materiale raccolto e le conclusioni, e costituisce il mezzo di contestazione delle violazioni.

In conclusione, anche in base alla diversa tipologia dell’ispezione suindicata, si possono verificare conseguenze qualora vengano riscontrate violazioni da parte dell’azienda.

Ciò che importante rammentare è che il verbale di primo accesso deve essere rilasciato al datore di lavoro alla conclusione delle verifica compiute nel primo giorno di accesso ispettivo. Oltre a tale verbale è previsto che la contestazione delle violazioni amministrative deve avvenire esclusivamente con un unico verbale di accertamento che deve contenere specifici elementi per acquisire validità: gli esiti dettagliati dell’accertamento, con indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati; la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili; l’indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con specificazione dei termini di impugnazione.

Per invalidare il verbale è quindi, necessaria una omissione sostanziale di uno degli elementi richiesti dalla legge.

L’amministrazione, sulla base degli illeciti accertati, può comminare di conseguenza le sanzioni di varia natura. Sull’entità delle stesse già si è detto in precedenza.

Corre infine l’obbligo di rammentare che con la “disposizione”, l’amministrazione impone nuovi obblighi e divieti ai responsabili della sicurezza, al fine di prevenire situazioni di rischio, mentre con la “prescrizione”, si diffida l’azienda ad adempiere agli obblighi imposti al fine di sanare le violazioni accertate, di norma nel termine di sei mesi. Il corretto adempimento estingue il reato e comporta il solo pagamento di un’ammenda. E’ importante ricordare che l’art.14 del D.Lgs 81/2008 individua le violazioni che comportano la sospensione dell’attività lavorativa per motivi di sicurezza. Come a dire, in un ambiente insalubre e non idoneo ai lavori non è possibile svolgere alcuna attività lavorativa. Anche se regolare.

Avverso i provvedimenti dell’autorità, il datore di lavoro può sempre proporre il ricorso alla Direzione Territoriale del Lavoro, producendo la documentazione che supporti l’infondatezza delle violazioni riscontrate e rilasciando dichiarazioni, ai sensi dell’art. 18 L. 689/81, entro 30 giorni dalla contestazione (che a sua volta va fatta entro 90 giorni dall’accertamento). È possibile anche ricorrere alla Direzione regionale del lavoro o al Comitato regionale per i rapporti di lavoro: qualora gli uffici non rispondano entro 60/90 giorni, bisogna considerare il silenzio come un rigetto della richiesta, a seguito del quale il datore può rivolgersi al tribunale civile, entro 30 giorni. Tutte le predette attività rientrano tra le competenze del commercialista. E’ ovvio che poi, in sede giudiziale, il ricorso diretto al tribunale è pur sempre possibile a seguito della notifica dell’ordinanza d’ingiunzione, ma questa è materia soggetta ad una “riserva di legge” che né i commercialisti, né i consulenti del lavoro hanno. Purtroppo è materia riservata agli avvocati.

*Componente della Commissione Diritto del Lavoro ODCEC

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