L’appalto genuino di servizi endoaziendali
di Valentina Pepe*
Dopo la riforma dell’art. 29 della legge 276/2003, introdotta dal decreto legge 17 marzo 2017, n. 25 “Disposizioni urgenti per l’abrogazione delle disposizioni in materia di lavoro accessorio nonché per la modifica delle disposizioni sulla responsabilità solidale in materia di appalti”, convertito dalla legge 20 aprile 2017, n. 49, che ha previsto, in tema di responsabilità solidale negli appalti per i crediti del personale impiegato negli appalti, la soppressione del beneficio della preventiva escussione a favore del committente (argomento trattato in un altro articolo di questa rivista N.d.R.), ai fini della corretta imputazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti impiegati nell’appalto, resta vivo il dibattito giurisprudenziale sul delicato tema della distinzione tra appalto di lavoro genuino e somministrazione nell’ambito degli appalti endoaziendali, ossia di quelli che prevedono l’adempimento contrattuale (es. prestazione di servizi) nell’azienda dell’appaltante.
Sempre più frequente è il caso in cui i lavoratori dell’appaltatore addetti all’appalto endoaziendale rivendicano il riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la società committente, sostenendo il carattere non genuino del contratto di appalto endoaziendale. Negli anni la giurisprudenza ha elaborato una corposa casistica, individuando i più rilevanti indici di genuinità o meno dell’appalto di servizi, così riassumibili:
- l’appaltatore deve essere un soggetto “imprenditoriale” dal punto di vista tecnico, economico ed organizzativo, con assunzione del rischio economico per la realizzazione del servizio dedotto in Tale indice è stato ritenuto sussistente dalla giurisprudenza in presenza di elementi quali (i) la diversità tra l’attività svolta dall’appaltatore rispetto a quella che il suo dipendente avrebbe dovuto eseguire presso il committente, (ii) l’assenza di esperienza professionale dell’appaltatore nel settore di riferimento dell’appalto, (iii) l’inesistenza, nella compagine aziendale dell’appaltatore, di personale qualificato ed idoneo a svolgere le mansioni connesse alle attività appaltate e (iv) l’estraneità dell’oggetto dell’appalto rispetto alle attività normalmente fornite dall’appaltatore, rientranti nel suo oggetto sociale (ex multis Cassazione civile, sez. lav., 06/04/2011, n. 7898);
- la strumentazione ed i mezzi utilizzati nell’appalto non devono essere riferibili al Committente, che può fornire un apporto solo in misura minima, senza stravolgere o pregiudicare la capacità organizzativa dell’appaltatore (Cass. civ., sez. lavoro 31 dicembre 1993 n. 13015).
- l’appaltatore è l’unico soggetto che può e deve esercitare il potere direttivo sulla propria forza Sono stati, infatti, ritenuti non genuini appalti caratterizzati dalla sovrapposizione dell’orario di lavoro tra dipendenti dell’appaltatore e quelli del committente; dal controllo diretto sui dipendenti dell’appaltatore da parte di preposti del committente; dal pagamento delle retribuzioni dei dipendenti dell’appaltatore da parte del committente; dalla richiesta di ferie o permessi presentata dai dipendenti dell’appaltatore direttamente al committente; dalla cura delle relazioni sindacali dei dipendenti dell’appaltatore da parte del committente; dalla scelta del numero dei dipendenti da utilizzare rimessa al committente (cfr. Cassazione civile sez. lav. 16 ottobre 2013 n. 23522);
- infine, anche in merito alla quantificazione ed attribuzione del corrispettivo possono sorgere criticità quando il corrispettivo dell’appalto viene di fatto parametrato sul costo della manodopera sostenuto dall’appaltatore, e non stabilito ex ante in maniera fissa sulla base del risultato da raggiungere, eliminando all’origine, così, ogni possibile alea casualmente connessa al contratto di appalto.
Fatte salve alcune esigenze e caratteristiche specifiche relative all’opera o al servizio dedotti in contratto, nel caso in cui il corrispettivo venga determinato in base alle ore o alle giornate effettivamente lavorate dai dipendenti dell’appaltatore, si riproporrebbe la problematica della genuinità dell’appalto: il corrispettivo determinato secondo tale modalità, infatti, utilizzando come base di calcolo l’importo della retribuzione oraria dei dipendenti, violerebbe il sinallagma contrattuale che sottende al rapporto obbligatorio in termini di «compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro», ai sensi dell’art. 1655 del codice civile (cfr. Cassazione civile sez. lav. 29 settembre 2011 n. 19920, Tribunale Bologna, sez. lav., 27/04/2016). Recentemente la Suprema Corte (sentenza n. 3178 del 7 febbraio 2017), è tornata sul tema e ha ritenuto la non genuinità dell’appalto in ragione dell’assenza degli elementi imprescindibili individuati nell’effettivo esercizio del potere organizzativo della prestazione lavorativa e nell’organizzazione dei mezzi necessari all’impresa da parte dell’appaltatore, attribuendo invece rilevanza meramente secondaria alla sussistenza di un potere organizzativo di tipo amministrativo in capo all’appaltatore. Tale pronuncia presenta interessanti spunti di riflessione, poiché chiarisce in concreto gli elementi sulla base dei quali è stata dichiarata la non genuinità dell’appalto, così individuati:
- l’attività di fatto svolta dai dipendenti dell’appaltatrice presso la committente era la stessa svolta ed organizzata dalla committente;
- la committente era la proprietaria delle attrezzature necessarie per l’effettuazione del servizio;
- la committente si limitava a richiedere all’appaltatrice solo un certo numero di ore lavoro, su base mensile, in base alle specifiche esigenze di ogni periodo, con indicazione dei turni orari, limitandosi l’appaltatrice ad abbinare le persone a tali ruoli;
- il personale dell’appaltatrice svolgeva le stesse identiche mansioni svolte dai dipendenti della committente;
- il personale dell’appaltatrice era inserito stabilmente a tutti gli effetti nel ciclo produttivo della committente.
È altresì importante evidenziare che la Suprema Corte, alla luce dei suddetti profili, ha ritenuto irrilevante, ai fini della genuinità dell’appalto, la circostanza che i dipendenti dell’appaltatrice fossero impegnati esclusivamente nei turni serali o notturni, ravvisando nella presenza di un dipendente incaricato dalla committente nel turno di notte l’assenza di potere organizzativo in capo all’appaltatrice. Del pari, la Suprema Corte ha ritenuto che, ai fini della genuinità dell’appalto endoaziendale, rivestano valenza meramente secondaria elementi quali la “gestione amministrativa” dei rapporti di lavoro da parte dell’appaltatrice (con riferimento, ad esempio, al pagamento della retribuzione) e, financo, l’esercizio del potere disciplinare da parte dell’appaltatrice.
L’orientamento espresso dalla Suprema Corte, anche recentemente confermato con la pronuncia n. 3178 del 7 febbraio 2017, conferma l’assoluta opportunità che committente e appaltatore strutturino il rapporto di appalto tenendo ben presenti gli indici di genuinità di elaborazione giurisprudenziale, e ciò sia nella fase di redazione del contratto di appalto ed ancor di più nella fase di esecuzione dello stesso.
* Avvocato giuslavorista in Milano
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