La riduzione del periodo di prognosi riportato nel certificato medico, Circolare Inps 79/2017
di Antonio Tuzio Odcec Reggio Emilia
Il codice civile all’art. 2110 prevede che il lavoratore in caso di infortunio, malattia, gravidanza, puerperio riceva un trattamento economico in forma di indennità per il periodo di sospensione dell’attività lavorativa dovuta al verificarsi dell’evento, entro il periodo di tempo previsto dalla legge come periodo di comporto, decorso il quale, il datore di lavoro potrà recedere dal rapporto liberamente.
Uno dei casi di legittima assenza è la malattia, che viene documentata da apposita certificazione medica.
Al verificarsi di uno stato di malessere del lavoratore, che gli impedisca l’esecuzione dell’attività lavorativa, questi deve comunicare il suo stato al medico curante, sottoponendosi ad una visita medica di controllo, al fine di accertare le condizioni di malattia che rendano legittima l’assenza dal lavoro entro un dato periodo di tempo, stabilito dal medico stesso per la guarigione.
Conseguentemente alla visita medica, il medico consultato emette una diagnosi ed una prognosi, che ne giustificano l’assenza dal lavoro attraverso la redazione di un certificato medico.
Questo certificato è rilasciato al lavoratore ammalato, comunicato al datore di lavoro al fine di rendere legittima l’assenza dal lavoro a partire dalla data indicata sullo stesso certificato, e fino alla data di rientro per tutta la durata della prognosi, è comunicato altresì all’INPS al fine di consentire l’erogazione dell’indennità di malattia con la relativa busta paga e flusso uniemens di periodo.
Il certificato medico, oltre alla determinazione della prognosi e a stabilire la durata dell’assenza dal lavoro giustificata, consente anche di individuare l’inizio del computo del periodo di comporto, e a stabilire il momento dal quale aver titolo per effettuare eventuali visite mediche di controllo delle effettive condizioni del lavoratore da parte degli organi preposti.
Quali sono i medici obbligati all’invio telematico del certificato di malattia?
i medici dipendenti del SSN e i medici convenzionati: medici di medicina generale, di continuità assistenziale, di emergenza territoriale, pediatri di libera scelta e specialisti ambulatoriali interni.
Costoro vengono dotati dalla ASL delle credenziali di accesso al sistema e devono obbligatoriamente utilizzare la procedura telematica di certificazione.
I medici che non hanno rapporti con il SSN, invece, non hanno l’obbligo tassativo di utilizzare la procedura telematica di certificazione, tuttavia anche a loro è offerta questa possibilità in quanto possono ottenere le credenziali di accesso al sistema all’Ordine dei Medici presso cui sono iscritti.
In definitiva, qualunque medico è messo nelle condizioni di utilizzare la procedura telematica di certificazione.
Cit. http://www.ordine-medici-firenze.it/index.php/faq-domande-frequenti/19-il-certificato-medico
il certificato medico è composto da due sezioni, una completa della diagnosi, ed una, un semplice attestato, che ne è priva per ragioni di privacy destinata al datore di lavoro. La circolare INPS n.60 del 16/04/2010 introduceva gli elementi della trasmissione telematica delle certificazioni di malattia all’INPS.
“A partire dal 3 aprile 2010 i medici dipendenti SSN o in regime convenzionato sono tenuti a trasmettere all’INPS per il tramite del SAC il certificato di malattia del lavoratore rilasciandone copia cartacea all’interessato…. Il certificato così trasmesso viene ricevuto dall’INPS che lo mette a disposizione del cittadino intestatario mediante accesso al sito dell’INPS previa identificazione attraverso il PIN.
I medici certificatori inviano i certificati al sistema di accoglienza centrale (SAC) del Ministero dell’Economia che provvede ad inoltrarli all’INPS. I relativi certificati emessi possono essere annullati entro il giorno successivo al rilascio e rettificati della data di fine prognosi entro il termine della stessa, usando sempre lo stesso canale telematico.
Il SAC restituisce al medico il numero identificativo del certificato e dell’attestato da consegnare entrambi al lavoratore; l’INPS mette a disposizione per la consultazione sulle proprie banche dati, al datore di lavoro l’attestato, al quale consente lo scarico, e ai lavoratori i certificati loro intestati previo accesso tramite PIN personale.
Quali dati obbligatoriamente devono essere contenuti nel certificato medico:
- codice fiscale del lavoratore
- residenza o domicilio abituale
- domicilio di reperibilità durante la malattia
- codice di diagnosi nosologico ICD9-CM
- data di dichiarato inizio malattia, e di rilascio del certificato
- data di presunta fine malattia o in caso di successivo accertamento, di prosecuzione o ricaduta della malattia
- modalità della visita medica effettuata (visita domiciliare o ambulatoriale).
Successiva alla predetta circolare n. 60 di istruzione sulle trasformazioni telematiche delle certificazioni sovviene la circolare INPS n.119 del settembre 2010 “trasmissione telematica delle certificazioni di malattia all’INPS, nuove modalità di invio degli attestati ai datori di lavoro tramite PEC”.
In questa circolare si dettavano disposizioni sulla consultazione da parte dei datori di lavoro degli attestati di malattia tramite invio PEC all’indirizzo di posta elettronica di una delle Sedi INPS mediante richiesta PEC da PEC. In pratica al fine di rendere più semplice per il datore di lavoro lo scarico e consultazione dell’attestato, veniva consentito di fare richiesta dell’attestato stesso mediante posta certificata. Il datore di lavoro doveva in pratica comunicare per mezzo di PEC ad un indirizzo Pec della sede INPS di competenza, la richiesta dell’attestato di malattia del suo dipendente, contenente l’identificazione della matricola INPS riferita al datore di lavoro, e l’indicazione del formato di invio del documento stesso. Citiamo la stessa circolare: “il medico che redige il certificato di malattia telematico è tenuto, se richiesto dal lavoratore, a rilasciare, al momento della visita, copia cartacea del certificato e dell’attestato di malattia telematici. Tale adempimento ha anche l’utilità di consentire al lavoratore di prendere visione della corretta digitazione dei dati anagrafici e, tra questi, dell’indirizzo di reperibilità, la cui esatta indicazione rimane un onere a carico del lavoratore stesso. Il lavoratore può in alternativa richiedere al medico di inviare copia dei suddetti documenti, in formato pdf, alla propria casella di posta elettronica. Egli, inoltre, riceve dal medico il numero di protocollo identificativo del certificato inviato telematicamente.
Qualora la stampa del certificato e dell’attestato non sia oggettivamente possibile, il medico si limiterà a chiedere conferma dei dati anagrafici inseriti e a rilasciare al lavoratore il citato numero di protocollo riferito al certificato telematico. Tale numero dovrà essere fornito dal lavoratore del settore privato al proprio datore di lavoro nel caso in cui costui ne faccia richiesta.
La consultazione degli attestati suddetti è possibile anche da parte dei professionisti incaricati dal datore di lavoro alla tenuta del Libro Unico e alla visione del cassetto previdenziale dell’azienda in qualità di intermediari.
Lo specificava la circolare INPS n.117 del 9 settembre 2011:
“ gli intermediari, individuati dall’articolo 1, commi 1 e 4, della Legge 11 gennaio 1979, n. 12, nonché gli intermediari dei datori di lavoro del settore agricolo:
- agrotecnici;
- periti agrari;
- dottori agronomi e dottori forestali.
hanno a disposizione una nuova funzionalità per la ricerca degli attestati di malattia mediante il codice fiscale e numero di protocollo, disponibile nel menù della consultazione on line degli attestati di malattia. Quest’ultima funzionalità è anche disponibile attraverso il canale Contact Center dell’INPS (803.164). Attraverso tale servizio il datore di lavoro e/o il suo delegato potrà verificare l’avvenuto invio del certificato di malattia. Sulla base del Codice Fiscale del dipendente e del numero di protocollo assegnato dall’INPS all’atto della ricezione del certificato di malattia telematico, il Contact Center ne confermerà o meno la presenza.
Citiamo ancora la circolare:
Agli intermediari è stata, inoltre, estesa la possibilità, già prevista per i datori di lavoro (cfr circolari n. 60 e n. 119 del 2010), di richiedere il servizio di consultazione degli attestati di malattia attraverso il:
– Sistema di invio con PEC.
La richiesta di invio degli attestati tramite PEC deve essere inoltrata all’indirizzo di Posta certificata della Struttura territoriale Inps competente utilizzando lo stesso indirizzo di PEC al quale dovranno essere destinati gli attestati di malattia dei lavoratori.
– Sistema di accesso con PIN.
L’ Inps mette a disposizione dei datori di lavoro le attestazioni di malattia relative ai certificati trasmessi dal medico curante, mediante accesso al portale INPS www.inps.it – servizi on-line e previa autorizzazione e attribuzione di un PIN.
L’Inps ha, inoltre, reso operativo un nuovo servizio che consente ai lavoratori di inoltrare richiesta di invio del certificato e dell’ attestato di malattia alla propria casella di Posta Elettronica Certificata.
Circolare 164 del 28,12,2010:
La richiesta deve avvenire utilizzando esclusivamente la posta certificata rilasciata in base alle norme del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 maggio 2009 (www.postacertificata.gov.it). La richiesta di invio degli attestati tramite PEC deve essere inoltrata all’indirizzo di Posta certificata della Struttura territoriale Inps competente indicando i propri dati anagrafi completi di codice fiscale.
Per i cittadini che non dispongono di una casella di Posta Elettronica Certificata, ma sono in possesso di Pin valido per la consultazione dei certificati di malattia, l’ Istituto ha reso operativo un nuovo servizio che consente al lavoratore di ricevere copia degli attestati di malattia presso un indirizzo di email dallo stesso indicato.
Tutto ciò premesso, in riferimento al contenuto della prognosi, l’INPS ha prodotto la circolare n.79 del 2 maggio 2017 con la quale affronta il tema del rientro anticipato del lavoratore al posto di lavoro rispetto alla data di fine evento indicata come presumibile sul certificato medico rilasciato in occasione della visita medica.
La circolare prende le mosse da un dato di fatto:
spesso a seguito di effettuazione di visite mediche di controllo domiciliare disposte d’ufficio, l’ente verificatore viene a scoprire che il lavoratore abbia ripreso l’attività lavorativa prima della data di rientro indicata nel certificato medico di malattia, senza aver provveduto a comunicare la modifica al medico curante, con il benestare del datore di lavoro che beneficia ovviamente di una copertura previdenziale assistenziale immotivata.
Questo comportamento ovviamente è esecrabile e come da circolare: “crea evidenti difficoltà all’INPS perché provoca un disallineamento tra la durata effettiva della malattia e la certificazione prodotta.
Si verificano quindi contestualmente:
- la predisposizione di visite di controllo domiciliari non dovute con insorgenza di spese di gestione per l’INPS
- l’erogazione di prestazioni non dovute, con conseguente procedura di recupero delle somme erogate e non dovute.
Per cui, il dipendente che risulta assente per malattia, e che consideratosi guarito, intenda riprendere servizio, prima della data di fine malattia indicata nel certificato medico, deve essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi iniziale. Questo sotto un duplice aspetto:
nei confronti del datore di lavoro, il lavoratore che di sua volontà riprende in anticipo servizio senza autorizzazione medica mette a repentaglio il datore di lavoro per inadempimento verso la disciplina di igiene e sicurezza sul lavoro in quanto disattende le norme riguardanti la tutela dell’integrità fisica del luogo di lavoro contravvenendo a quanto previsto in tema di valutazione dei rischi e rendendo responsabile per inadempimento lo stesso datore di lavoro che ha consentito il rientro anticipato senza autorizzazione del lavoratore.
Nei confronti dell’INPS poi disattende gli aspetti già evidenziati sopra di carattere economico e organizzativo rispetto all’evento malattia.
Il lavoratore quindi, secondo la circolare 79 è tenuto a comunicare prontamente e anticipatamente, mediante la rettifica del certificato medico telematico la conclusione anticipata dell’evento malattia con il venire meno dello stato di affezione morbosa. Ancora citiamo la circolare:
“affinché la rettifica venga considerata tempestiva è necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, e va richiesta allo stesso medico che ha redatto il certificato, al fine indicarne il rientro al lavoro.”
Mediante comunicazione telematica della rettifica l’informazione viene prontamente acquisita dal sistema, che la mette a disposizione poi dei datori di lavoro nelle modalità che abbiamo riassunto in precedenza.
Nel caso in cui il medico si trovi impossibilitato ad utilizzare il sistema telematico, potrà utilizzare il servizio alternativo di Contact center per la presentazione dei certificati di malattia e dovrà ovviamente attivarsi prontamente, e tempestivamente rispetto al rientro anticipato del lavoratore.
La Circolare aggiunge: “nei casi di residuali certificati redatti per causa di forza maggiore in modalità cartacea il lavoratore dovrà farsi rilasciare apposito certificato di fine prognosi da inviare immediatamente all’INPS e al datore di lavoro”.
Il lavoratore che disattende a queste disposizioni e fa rientro la posto di lavoro in modo arbitrario senza comunicare il suo anticipato rientro o comunicandolo in ritardo rispetto alla data di rientro, sarà sanzionato con una ammenda pari a quella prevista per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo: 100% dell’indennità per massimo 10 giorni.
La sanzione sarà comminata al massimo fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa.
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