Il lavoro straordinario: input per il budget del personale
di Massimiliano Dell’Unto*
Il ricorso al lavoro straordinario è senz’altro il primo strumento di flessibilità legato al rapporto di lavoro nel momento in cui si avverta una necessità di incremento di organico non programmato o in ogni caso contenuto in un arco temporale ben definito. Le necessità di aumentare le prestazioni in modo continuativo e stabile (o con un ciclo stagionale ben individuato) impongono poi di gestirne la soddisfazione con strumenti più articolati e quindi pensati in ottica di budget del personale.
La misura e la modalità con cui il datore di lavoro intende ricorrere al lavoro straordinario debbono però tener conto delle limitazioni imposte dalla normativa. L’avvicinarsi della conclusione del periodo d’imposta impone a tutte le imprese un’attenta analisi consuntiva e prospettica dell’utilizzo del lavoro straordinario. Ciò vale anche, e soprattutto, per quelle che al loro interno non hanno implementato un sistema seppur semplice di gestione del budget del personale. In questo momento è fondamentale esaminare i dati sul lavoro straordinario del proprio organico: questo da un lato per comprendere entro quali margini si possono ancora rispettare le limitazioni normative; dall’altro per supportare analisi e scelte aziendali. Il bisogno di ore/lavoro ulteriori a quelle ordinarie può indicare l’avvio di una fase di sviluppo ma anche evidenziare delle inefficienze nella gestione delle risorse umane; può individuare una fase stagionale. L’analisi fatta adesso pone l’impresa nelle condizioni di valutare e programmare azioni volte a cogliere le opportunità o a eliminare le criticità nel successivo periodo annuale.
In ogni caso diventa necessario avere una minima visione d’insieme dell’istituto del lavoro straordinario.
L’art. 2107 c.c. ci dice che la durata giornaliera e settimanale della prestazione di lavoro non può superare i limiti stabiliti dalle leggi e l’art. 3 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 “Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro” fissa il normale orario di lavoro in 40 ore settimanali(1), concedendo alla contrattazione collettiva la possibilità di stabilire una durata inferiore e di riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno. Conseguentemente il lavoro straordinario è il lavoro prestato oltre l’orario normale settimanale(2) e dovrà esser gestito entro limiti ed obblighi ben precisi secondo quanto previsto agli artt. 4 e 5 del d.lgs. 66/2003.
L’art. 4 fissa la durata massima della prestazione settimanale prevedendo in 48 ore la durata media dell’orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni, comprensiva delle ore di straordinario. La suddetta durata media deve esser riferita ad un periodo di 4 mesi. Il parametro previsto dalla norma di legge può subire variazioni dalla contrattazione collettiva che ha la possibilità di stabilire una diversa durata massima settimanale dell’orario di lavoro(3), e di elevare(4) a 6 o 12 mesi il periodo di riferimento per la verifica del rispetto della durata media dell’orario massimo di lavoro.
Il computo della media di ore settimanali richiede particolare attenzione in quanto le diverse tipologie di assenze incidono in maniera differente e debbono quindi esser attentamente valutate sia nel calcolo a consuntivo sia in quello previsionale perché rivestono il ruolo di variabili critiche anche per la programmazione di ferie. Il periodo di riferimento (4, 6 o 12 mesi) infatti va considerato a “scorrimento”. Secondo quanto previsto dall’art. 6 del d.lgs. 66/2003 i periodi di assenza per ferie e malattia(5) non vengono computati nel calcolo dell’orario medio settimanale pertanto il termine del periodo di riferimento deve esser spostato di tanti giorni quanti sono quelli coinvolti da questo tipo di assenze. Le altre tipologie di assenze invece rilevano(6) con valore “zero” ai fini del computo della media. Particolare attenzione deve esser posta nel calcolo per rapporti di lavoro a tempo determinato e per i casi di risoluzione anticipata. Nei contratti di lavoro a termine infatti si deve considerare l’effettiva durata del contratto quando questa sia inferiore al periodo di riferimento (4, 6 o 12 mesi); mentre, qualora si verifichi una interruzione anticipata non prevista del contratto di lavoro si dovranno seguire le ordinarie regole di computo.
Nell’ambito dell’orario massimo di lavoro come sopra individuato, il datore di lavoro deve ricorrere al lavoro straordinario in maniera “contenuta”(7) e l’art. 5 del d.lgs. 66/2003 individua limiti numerici ben precisi. La contrattazione collettiva è la prima fonte di limitazione da rispettare: accordi nazionali, territoriali e aziendali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative possono regolamentare le modalità di ricorso al lavoro straordinario. In mancanza di indicazioni contrattuali, la legge individua nelle 250 ore annue il limite numerico generale.
In conformità a quanto eventualmente disciplinato dai contratti collettivi, i suddetti limiti trovano comunque deroga(8) al verificarsi di tre fattispecie particolari (9):
a) eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle con l’assunzione di nuovi lavoratori;
b)(10) casi di forza maggiore o per far fronte a una situazione che possa dar luogo a un grave e immediato pericolo ovvero a un danno alle persone e alla produzione;
c) eventi con mostre, fiere e manifestazioni collegate all’attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse.
Per quanto concerne la retribuzione del lavoro straordinario l’art. 2108 c.c. si limita a prevedere che il prestatore deve esser compensato per le ore straordinarie con un aumento della retribuzione rispetto a quella dovuta per il lavoro ordinario. L’art. 5 del d.lgs. 66/2003 precisa che è la contrattazione collettiva la fonte unica per la determinazione delle maggiorazioni che con la logica moltiplicazione alle ore di lavoro prestate oltre l’ordinario rapporto di lavoro permettono di adempiere all’obbligo retributivo dello straordinario. La giurisprudenza dà poi ulteriori indicazioni circa gli elementi retributivi sui quali vada calcolata la maggiorazione prevista dal Ccnl: oltre a paga base, contingenza e scatti di anzianità sono computabili la maggiorazione per lavoro a turni, i ratei delle mensilità aggiuntive ed il premio produzione. Non sono invece ricompresi nella retribuzione l’Edr e la maggiorazione per lavoro domenicale.
L’obbligazione retributiva può esser prevista ed adempiuta anche in modalità diverse: la previsione di un compenso forfettario o la creazione di una “banca ore”.
Le parti possono raggiungere un accordo in cui si indica un compenso che in maniera preordinata va a retribuire le prestazioni straordinarie che si presume verranno rese dal lavoratore. Si supera la prassi di monetizzare quanto dovuto solo dopo aver verificato il quantum effettivamente prestato ma occorre l’impegno e capacità del datore di lavoro nel programmare il ricorso futuro al lavoro straordinario. Un tale sistema non esonera dall’obbligo di esporre sul LUL(11) le ore poi concretamente prestate oltre i limiti ordinari ma rende costante il quid di accantonamento necessario da corrispondere al lavoratore potendolo gestire su un arco temporale non necessariamente mensile. L’impatto sul budget del personale e sulla programmazione finanziaria dell’impresa può esser importante ai fini delle sue scelte gestionali. L’implementazione di questo meccanismo retributivo non è esente da limiti. L’accordo tra le parti o la lettera unilaterale del datore di lavoro deve esplicitare il criterio di previsione del compenso forfettario indicandone il limite massimo di ore e la somma forfettaria pattuita non può esser certo inferiore a quella prevista dalla contrattazione collettiva. É fondamentale evidenziare che la previsione di una retribuzione in misura forfettaria indipendentemente dal numero delle ore di lavoro straordinario svolte costituisce una clausola illecita(12) poiché ciò implicherebbe una rinuncia preventiva al compenso per il lavoro prestato oltre quello coperto dall’importo prefissato. L’importanza di costruire fin dall’inizio una sana architettura dello straordinario forfettizzato la si rinviene anche nel fatto che la mancanza di formalizzazione delle sue basi logiche può indurre a farlo considerare come un elemento accessorio della retribuzione contrattuale, quale un superminimo individuale, e come tale soggiacere al principio di irriducibilità delle prestazioni(13).
La flessibilità oraria, intesa come organizzazione del tempo di lavoro, caratterizzato dalla possibilità di variare la distribuzione dell’orario nell’arco di un periodo di tempo trova applicazione anche con riferimento al lavoro straordinario attraverso l’istituzione della “banca ore”. Il comma 5 dell’art. 5 del d.lgs. 66/2003 consente alla contrattazione collettiva la possibilità di regolamentare periodi di riposo compensativi definendo le fasi procedurali da seguire per avviare e formalizzare il contenuto delle modalità di gestione concordate con gli organismi sindacali.
Con la banca ore, in termini alternativi o aggiuntivi alla maggiorazione retributiva di cui abbiamo detto, la prestazione lavorativa eccedente il normale orario di lavoro viene accantonata in un conto individuale del lavoratore interessato. Le ore accantonate potranno quindi esser utilizzate in momenti futuri(14) dal lavoratore stesso come riposi compensativi; oppure esser monetizzate per scelta del lavoratore, per scadenza dei termini previsti dal regolamento o per cessazione del rapporto di lavoro. É bene evidenziare che questo strumento, con la consapevolezza della complessità nell’implementarlo attraverso un adeguato dialogo con le organizzazioni sindacali, ha importanti implicazioni sia verso le risorse umane in termini di welfare, sia verso l’impresa stessa perché ne influenza le dinamiche finanziarie posticipando le uscite inerenti il costo del personale.
Si conclude questa sintetica panoramica richiamando le fattispecie escluse dalla normativa sul lavoro straordinario; cioè tutti quei soggetti che svolgono un’attività con caratteristiche tali per cui la durata dell’orario di lavoro non è predeterminata né determinabile. Ne sono esempio le fattispecie riconducibili ai dirigenti(15), alla manodopera familiare, ai lavoratori del settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose, ai lavoratori a domicilio ed in telelavoro(16). Secondo poi quanto elencato all’art. 16 del d.lgs. 66/2003 sono esclusi dalla disciplina in commento anche i lavoratori impegnati in attività di semplice attesa, guardiania e custodia nonché i commessi viaggiatori e piazzisti; lavoratori cioè che non sono soggetti all’orario di lavoro.
*Odcec Pisa
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