La professione nell’era della comunicazione ridondante
di Giovanni Francesco Cassano*
Quale tra i colleghi, di ogni età, oggi, può serenamente dire che non utilizza alcuno strumento informatico per svolgere la propria attività o che non comunica e si relaziona con tutti gli altri attraverso uno smartphone? Nessuno! Le attività umane seguono lo sviluppo della tecnologia e spesso ne stimolano la crescita e la ricerca verso nuove soluzioni sempre più evolute ed efficienti. I rapporti con gli Enti sono oramai improntati sulla stessa direttrice con la conseguenza che ogni operatore deve continuamente adeguare le proprie conoscenze alle esigenze non più proprie ma del sistema in cui opera. Tradotto in termini operativi, questo significa continui investimenti in tecnologie, formazione operatori, tempo.
Tutto questo, ovviamente, impatta sull’organizzazione dello studio e, più questo è di ridotte dimensioni, più grande è la fatica a tenere il passo perché le limitate risorse umane devono seguire necessariamente i ritmi delle scadenze-adempimenti ed evadere le richieste dei clienti sempre più esigenti: tale particolare approccio è esploso proprio perché le nuove tecnologie permettono una quantità di modalità di comunicazione che, oramai, rasenta la fantascienza. Nelle strutture di maggiori dimensioni l’organizzazione del lavoro e la previsione di figure intermedie permettono una maggiore flessibilità ed un’elevata capacità di assorbire ogni novità o adempimento.
La comunicazione all’interno degli studi e tra lo studio e tutti gli utenti esterni (clienti, enti) rappresentano, oggi, la sfida più complessa, in termini di impegno di risorse economiche e di tempo. L’organizzazione del lavoro è passata in trenta anni dall’uso del solo telefono fisso, al fax, alla posta elettronica sino agli strumenti di comunicazione quali SMS, WHATSAPP e Messenger. Le strutture degli studi, ed i collaboratori, che pure utilizzano tali strumenti fuori dal lavoro, si sono adeguati a tale incremento di input? Tali persone sono formate per canalizzare tutti questi stimoli provenienti dall’esterno trasformandoli in azioni preordinate e consecutive oppure li subiscono senza interazione alcuna? In molte strutture la risposta è negativa. Le cause sono sia interne all’organizzazione del lavoro, sia strettamente legate alle abitudini delle persone. Le cause interne sono attribuibili alla difficoltà di stare al passo con l’evoluzione degli strumenti: possederli non significa usarli correttamente ed in modo economicamente profittevole ed efficiente. Lasciare aperti molti canali di comunicazione significa doverli presidiare tutti ed essere pronti alle risposte; l’assenza di presidio porta all’inaridimento dello strumento ed al conseguente abbandono. Lo Studio si trova, quindi, nella necessità di adeguare la struttura per essere in grado di presidiare ogni accesso comunicativo e pronto ad intercettare le richieste per una rapida evasione. Questo richiede risorse, tempo e costi elevati in una “azienda” in funzionamento che contemporaneamente elabora ed evade adempimenti mensili e/o annuali.
Un corretto utilizzo dei suddetti strumenti non può prescindere da una organizzazione del lavoro e da una notevole dose di formazione interna verso i collaboratori ed esterna verso i clienti, la cosiddetta ora di “educazione civica”. Infatti, questi ultimi sono la variabile più difficile da regolare perché essi partono dal presupposto che pagare significhi avere ad ogni costo ed in ogni condizione. Esempi sono “se la chiamo sul cellulare, le mando un sms e poi le scrivo su whatsapp, perché non mi risponde?” oppure ricezione di una mail seguita dalla telefonata che annuncia l’invio della mail; o ancora ricezione di messaggio con whatsapp seguito dopo poco da nuovo messaggio che sollecita una risposta “giacché il sistema mi dice che ha letto il precedente messaggio”. É evidente che non si riesce a sfuggire al controllo ma ci si deve organizzare per canalizzare le informazioni per evitare inutili discussioni. Il mondo, oramai, si divide tra gli entusiasti a tutti i costi e quelli che si sentono mancare l’aria.
Altro fronte aperto è la chiarezza nella comunicazione scritta. I nuovi strumenti tendono, per necessità di spazio (numero caratteri) a comprimere la comunicazione. Tale modalità può funzionare nel mondo delle relazioni legate al tempo libero ma nel mondo del lavoro NO! Gli short message non possono esprimere concetti complessi o semplicemente legati a livelli più profondi della comunicazione ma possono certamente ricordarci di chiamare o scrivere a qualcuno. Non è possibile comprimere comunicazioni complesse in pochi caratteri, a contrazioni innaturali o ad emoticon. Eppure, una volta abbandonato il porto sicuro rappresentato dal proprio studio e iniziata la navigazione, a vista, nelle nuove forme di comunicazione ci aspettano proprio queste situazioni. A questo si aggiunge l’ansia da risposta, in altre parole quello stato emotivo-compulsivo, per il quale si è portati a rispondere in qualsiasi condizione, anche quelle più strane o imprudenti, scrivendo frasi non sempre coerenti e a volte, farcite di errori propri o del correttore T9. Qualche osservatore suggerisce che non ci si dovrebbe soffermare troppo sugli errori di grammatica o sulla forma sconnessa, quello che conta è comunicare.
Molte società, oggi, hanno dei regolamenti interni che prevedono la regola del 3: “se devi scrive più di tre mail alla stessa persona per esprimere un concetto, alza il telefono e chiama!”. Questo significa che anche scrivere una mail richiede una capacità di comunicazione non indifferente ed allenata. Rappresentare un concetto in meno di 4 righe con esempio numerico (se necessario) rappresenta una conquista che migliora l’efficienza dei processi interni e porta al raggiungimento di risultati operativi importanti. Fare domande, in una mail è un’arte di oratoria sintetica perché permette in una sola risposta di avere tutte le informazioni per procedere con la pratica. Esempio: il cliente scrive che vuole fare una nuova assunzione ma non fornisce alcuna informazione, allega alla mail la copia della carta d’identità della persona, il classico messaggio nella bottiglia. Con la risposta si deve dimostrare, in una sola mail, la capacità di ottenere tutte le informazioni necessarie per svolgere la pratica. Sembra semplice, ma, assicuro, nella realtà non lo è. Anche l’eccesso di scritto non raccoglie molti estimatori perché i tempi da dedicare alla lettura sono ridotti e la concentrazione ha prescrizione brevissima. Ecco che la schematicità ci viene in soccorso per singole informazioni da aggregare. Diversamente esprimere un concetto, un’idea e creare consenso, richiede lucidità e una buona dosa di sintesi. La conseguenza di forme comunicative affrettate, oscure o sconnesse? Una telefonata per rimettere ordine nei concetti e renderli fruibili, quindi tempo aggiuntivo.
Comunichiamo e scriviamo in ogni situazione ed in ogni tempo; abbiamo trasformato, per alcuni, in vanto un modo impossibile da sostenere a lungo. Non diciamo neanche “siamo disponibili 24 su 24 ore” bensì “ci siamo H24”, considerando questa disponibilità infinita, una conquista. A questo punto formare i clienti rappresenta una forma di autodisciplina che ci riporta con i piedi per terra e ci fa tornare umani non multitasking. Autodisciplina significa riconoscere l’esistenza di limiti fisici personali ed il ritorno al governo del proprio tempo con conseguente miglioramento delle singole performance, forse in numero inferiore, ma certamente maggiormente ponderate e qualitativamente più approfondite.
Il discorso si potrebbe allargare ai social network, nuovo strumento di condivisione di momenti, informazioni e sensazioni.
Un famoso scrittore di fantascienza aveva predetto, oltre sessanta anni fa, in una celeberrima trilogia, una società senza contatti fisici con relazioni regolate da immagini tridimensionali proiettate; solo un sistema di comunicazioni asettiche che regola le relazioni personali. Eppure, da una stretta di mano, si possono intuire molte cose di chi ci sta di fronte.
Il nostro lavoro resta, comunque, un’attività fatta di intuizioni!
*ODCEC Milano
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