Corte UE: rimborsi del costo dei dipendenti in distacco
di Paolo Soro*
In periodi di straordinaria emergenza pandemica, analizzare ordinarie problematiche lavorative appare quasi surreale. Per contro, non possiamo permetterci di “dimenticare” i nostri principali doveri di continuo aggiornamento professionale. A tal proposito, corre l’obbligo di segnalare l’intervento della giurisprudenza comunitaria in merito al corretto trattamento delle somme rimborsate dal datore di lavoro distaccatario per i dipendenti in distacco.
Trattasi della sentenza emessa di recente (11/03/2020) dalla VII Sezione della Corte di Giustizia europea, nella Causa C-94/19. L’intervento dei giudici lussemburghesi è stato richiesto dalla Corte di Cassazione con Ordinanza 27/11/2018, concernente il contenzioso nato in materia di IVA, fra una società per azioni e l’Agenzia delle entrate. Più nello specifico, la domanda verteva sull’esatta applicazione del principio di neutralità dell’imposta con riferimento alle detrazioni, effettuate dalla spa per l’esercizio fiscale 2005, dell’IVA pagata sugli importi rimborsati alla sua società controllante, a fronte del distacco di un dirigente.
Come di rito, la Corte richiama succintamente in premessa i due contesti normativi (comunitario e italiano).
Quanto al primo, l’art. 2 della VI Direttiva stabilisce che sono soggette ad IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del Paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale. Si considera “prestazione di servizi” ogni operazione che non costituisce cessione di un bene.
La disciplina contrattuale nazionale del distacco, così come definita dall’art. 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30”, configura l’istituto del distacco quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. Il datore di lavoro distaccante rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore distaccato. In materia fiscale, l’art. 8, comma 35, legge 11 marzo 1988, n. 67 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988)” dispone che non sono rilevanti ai fini IVA i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali viene corrisposto il mero rimborso del relativo costo.
La vicenda portata all’attenzione della Corte ha origine nel 2004 quando la società controllante distaccò presso la controllata uno dei propri dirigenti per svolgere le funzioni di direttore dello stabilimento. La controllata ha ricevuto dalla propria controllante fatture recanti importi corrispondenti ai costi sostenuti per il dirigente distaccato. All’atto del pagamento delle fatture in questione, la controllata ha applicato l’IVA che è stata poi portata in detrazione.
L’Amministrazione finanziaria, ritenuto che le prestazioni di servizi tra la controllata e la sua controllante fossero estranei alla sfera di applicazione dell’IVA, ha considerato illegittimo il recupero dell’imposta detratta a tale titolo.
Sarebbe interessante a questo punto sapere come si sia comportata l’Agenzia delle entrate nei confronti dell’IVA dichiarata e versata dalla controllante; ma questo esula dalla presente analisi.
Il ricorso proposto contro la rettifica fiscale operata dall’Amministrazione Finanziaria è stato respinto sia dai giudici di primo grado, sia da quelli di appello. In particolare, il giudice di appello ha ritenuto che, in mancanza di prova relativa al fatto che il dipendente distaccato avesse ricevuto una maggiorazione di somme o esercitato funzioni diverse da quelle già svolte presso la distaccante, gli importi pagati da tale società corrispondessero a meri rimborsi di costi ex art. 8, comma 35, legge 67/1988.
A seguito di tali giudicati, il contribuente adiva la Cassazione.
La S.C. ritiene che, prima di esprimersi sulla controversia, sia necessario valutare se il distacco di personale a fronte del rimborso dei relativi costi possa essere considerato imponibile oppure no.
Al riguardo, detto giudice precisa che, conformemente alla citata normativa tributaria nazionale, nel caso in cui la somma rimborsata corrisponda all’importo delle spese sostenute per il personale distaccato, tale somma non è imponibile in quanto irrilevante ai fini dell’IVA. Tuttavia, gli ermellini si interrogano sulla legittimità dell’esclusione dall’IVA di una prestazione quale il distacco di personale anche in caso di rimborso del costo delle relative prestazioni. Infatti, la natura economica di un’operazione di distacco sembra evincersi dal fatto che è requisito necessario per la legittimità dello stesso, la sussistenza di uno specifico interesse del datore di lavoro distaccante, in questo caso l’interesse di garantire la maggiore funzionalità dell’organizzazione comune a controllante e controllata. Del resto, la sussistenza di tale interesse non sarebbe contestata nel caso di specie.
Sul punto occorre subito osservare come entrambe queste motivazioni paiano assolutamente prive di pregio. È evidente che qualsiasi rimborso spese sostenuto nello svolgimento dell’attività imprenditoriale ha natura economica latu sensu tuttavia la norma comunitaria richiamata non dispone l’imponibilità per ogni operazione economica, ma richiede espressamente che debba trattarsi di un’operazione eseguita a titolo oneroso ossia a fronte di un predeterminato corrispettivo. Inoltre, nei distacchi infragruppo l’interesse del distaccante è sempre presente per il fatto stesso di essere parte di un gruppo societario (come più volte precisato dal Ministero del Lavoro); ne consegue che neppure tale elemento poteva essere contestato.
Secondo la Cassazione, il fatto che l’operazione di distacco dia luogo a una prestazione di servizi svolta a titolo oneroso potrebbe risultare dall’ammontare, nel caso di specie non insignificante, corrisposto dalla distaccataria, pari all’importo delle spese e degli oneri da sostenere per il lavoratore distaccato.
Anche questa motivazione, francamente, appare del tutto inconsistente infatti l’entità del rimborso, se concretamente commisurato ai costi effettivi del personale distaccato, non può essere certo oggetto di difforme valutazione di merito da parte della Cassazione, essendo del tutto lecito distaccare sia un singolo operaio comune che diversi dirigenti, a prescindere dal costo (a volte assai rilevanti) delle spese sostenute. Secondo la S. C. la norma nazionale sembra dar luogo a una disparità di trattamento ingiustificata tra il distacco di personale e la messa a disposizione di manodopera, dal momento che quest’ultima operazione è sempre imponibile. Con tale ultima affermazione, la Cassazione pare però non conoscere affatto la specifica normativa che disciplina la somministrazione del lavoro.
Cionondimeno, sulla base di tali motivazioni, la Corte italiana ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte UE la seguente questione pregiudiziale:
“Se gli articoli 2 e 6 della VI Direttiva, nonché il principio di neutralità fiscale, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una legislazione nazionale in base alla quale non sono da intendere rilevanti ai fini dell’IVA i prestiti o i distacchi di personale della controllante a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo da parte della controllata”.
Come vedremo subito, la Corte di Giustizia, pur non avvalorando le motivazioni addotte dalla Cassazione, non chiude completamente la porta a un’eventuale possibile imponibilità degli importi conseguenti ai distacchi del personale sulla base di assai differenti ragionamenti.
I giudici comunitari, preliminarmente, ricordano alla Cassazione che, a mente della norma invocata, sono soggette ad IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del Paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale. Orbene, nel caso di specie, è pacifico che la distaccante sia un soggetto passivo e che la prestazione di servizi, vale a dire il distacco del dirigente, sia avvenuta all’interno del Paese di cui trattasi. Rimane pertanto da determinare se tale prestazione di servizi sia stata anche effettuata “a titolo oneroso”.
Secondo la costante giurisprudenza unionale, le operazioni imponibili presuppongono l’esistenza di un negozio giuridico tra le parti con definizione di un prezzo o di un controvalore. Ne consegue che se l’attività di un prestatore consiste nel fornire esclusivamente prestazioni senza corrispettivo diretto, non vi è base imponibile e tali prestazioni non sono, quindi, soggette ad IVA.
Occorre subito rilevare come tale prospettazione risulti essere perfettamente in linea con la normativa giuslavoristica nazionale, la quale non consente al datore di lavoro distaccante di richiedere un corrispettivo maggiore del mero costo del lavoratore distaccato. La violazione di tale previsione vanificherebbe la possibilità di giustificare un interesse produttivo/tecnico/ organizzativo in capo al distaccante oltre alla conseguenza assai più rilevante di violazione della legge in materia di somministrazione del personale (salvo non sia coinvolta una società di somministrazione regolarmente autorizzata).
Nel merito, la Corte ritiene che una prestazione di servizi è effettuata “a titolo oneroso” dalla quale scaturisce un’operazione imponibile, soltanto quando tra il prestatore e il beneficiario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni e quando il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al beneficiario. Ciò si verifica esclusivamente in presenza di un nesso diretto tra il servizio reso e il corrispettivo ricevuto.
Dai documenti di causa sembra emergere che il distacco sia stato effettuato sulla base di un rapporto giuridico di natura contrattuale tra controllante e controllata e nell’ambito di tale rapporto giuridico, sono state rese prestazioni reciproche, più precisamente il distacco di un dirigente da un lato e il pagamento degli importi correlati che sono stati oggetto di fatturazione dall’altro.
Il giudice del merito rileva che, in mancanza della pattuizione di una retribuzione superiore agli oneri sostenuti per il distacco, non può affermarsi che lo stesso abbia avuto luogo allo scopo di riceverne un corrispettivo.
Questo specifico argomento, però, secondo la Corte UE, non può essere considerato definitivo.
Sempre sulla base della costante giurisprudenza comunitaria, risulta esistere un nesso diretto quando due prestazioni si condizionano reciprocamente cioè quando l’una è effettuata solo a condizione che lo sia anche l’altra e viceversa. Se dovesse essere dimostrato – circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare – che il pagamento da parte della controllata degli importi che le sono stati fatturati dalla sua controllante costituiva una condizione essenziale affinché quest’ultima distaccasse il dirigente e che la controllata ha eseguito il pagamento nella misura effettiva del costo del lavoratore distaccato, emerge il nesso diretto tra le due prestazioni. Da ciò si dovrebbe ritenere che l’operazione sia stata effettuata a titolo oneroso, pertanto soggetta all’IVA, dal momento che le altre condizioni (ex art. 2, punto 1, VI Direttiva) risultano essere parimenti soddisfatte.
Secondo i giudici europei sarebbe irrilevante l’importo del corrispettivo quindi che esso sia pari, superiore o inferiore ai costi che il soggetto passivo ha sostenuto a suo carico nell’ambito della fornitura della sua prestazione. Tale circostanza non comprometterebbe il nesso diretto esistente tra la prestazione di servizi effettuata e il corrispettivo ricevuto.
In sostanza, ai fini dell’eventuale imponibilità IVA, non rileva l’entità delle somme rimborsate, quanto l’esistenza del nesso di condizionalità tra prestazione e contro-prestazione anche se, nella pratica quotidiana, la valutazione economica delle somme rimborsate è forse l’unico elemento (contratto di distacco a parte) da cui poter eventualmente desumere l’esistenza di un corrispettivo ovvero di un mero rimborso spese documentate.
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la Corte UE (VII Sezione) così sentenzia: “L’articolo 2, punto 1, della VI Direttiva 77/388/ CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme – deve essere interpretato nel senso che esso osta a una legislazione nazionale in base alla quale non sono ritenuti rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale di una controllante presso la sua controllata a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo, a patto che gli importi versati dalla controllata a favore della società controllante, da un lato, e tali prestiti o distacchi, dall’altro, si condizionino reciprocamente”. Inutile dire che la sentenza merita alcune importanti considerazioni riassuntive in ordine alle sue conseguenze pratiche.
Il punto fondamentale che la Corte europea identifica ai fini dell’imponibilità IVA – giova ribadirlo – non è tanto il fatto che la fattura emessa dal distaccante al distaccatario corrisponda esattamente all’importo dei costi sostenuti per il personale inviato in distacco, quanto piuttosto che tale richiesta monetaria non sia esclusivamente condizionata all’effettuazione del distacco stesso. Per meglio dire, se il distaccante invia i dipendenti solo alla condizione di ricevere il rimborso dei costi che per essi continua a sostenere, risulta riscontrato l’elemento afferente al “titolo oneroso” dell’operazione economica, ciò che conseguentemente configura a tutti gli effetti una prestazione di servizi imponibile IVA.
Al fine di evitare il verificarsi di una simile circostanza, occorrerà quindi riporre maggiore attenzione nel predisporre il contratto di distacco onde scongiurare un’eventuale interpretazione della specifica clausola di riferimento ivi inserita, che induca a ritenere soddisfatta la condizionalità tra prestazione di distacco e contro-prestazione di rimborso dei costi enunciata dai giudici lussemburghesi.
Come abbiamo poc’anzi ricordato, si rischia di incorrere nel difforme inquadramento del distacco i cui effetti si ripercuoterebbero dalla sede tributaria a quella giuslavoristica, con conseguente probabile declaratoria di illegittimità del distacco stesso. Più precisamente il rapporto di lavoro dei dipendenti distaccati andrebbero a configurarsi in capo al datore di lavoro distaccatario, con conseguenti irrogazioni di elevate sanzioni amministrative e fino a determinare, in alcuni casi limite, profili penalmente rilevanti.
Occorre, insomma, tenere sempre ben presenti sia le norme nazionali in materia di lavoro sia quelle comunitarie relative ai tributi armonizzati, questo al fine di coordinarne correttamente la loro contestuale applicazione nella pratica.
*Odcec Roma
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