“Dimolo strano” – Prime noterelle (1) sul Jobs Act
di Cinzia Brunazzo, Marialuisa De Cia, Luisella Fontanella e Maurizio Centra*
L’8 ottobre 2014 il Senato della Repubblica ha approvato il Disegno di legge: Delega al (1) Il termine noterelle è stato preso in prestito dall’opera del Prof. Giuseppe Pera, che per un ventennio, fino al 2004, ha scritto di diritto del lavoro e d’altro sulla Rivista italiana di Diritto del lavoro, edita da Giuffrè, e ci ha aiutato a riflettere con libertà di pensiero e, soprattutto, a vedere le cose mai da una parte sola.Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro. Detta così la notizia arriva – sì e no – agli addetti ai lavori, che poi, se addetti lo sono davvero, prima di fare qualunque commento o considerazione in merito, aspettano che si concluda l’iter parlamentare e che il disegno in questione, approvato anche dalla camera dei Deputati, diventi legge dello Stato. Tutt’altra cosa è dire: il Jobs Act è in dirittura d’arrivo!
In un epoca nella quale lo slogan si sta affermando come elemento di comunicazione ed il twitter ha ormai rimpiazzato il confronto tra liberi pensatori nell’Agorà o, in modo più prosaico, le chiacchiere sulla piazza del paese, non c’è da stupirsi che i politici abbiano adottato un linguaggio mediatico, a volte così marcato da “oscurare” i contenuti delle azioni o dei provvedimenti ai quali i termini-slogan si riferiscono e, quindi, quel- la che potrebbe essere “La Riforma” complessiva della normativa sul lavoro, passerà alla storia con l’anglofilo nome di Jobs Act, con buona pace degli esperti dell’Accademia della Crusca, che ha sede a Firenze, proprio da dove viene anche il nostro attuale Presi- dente del Consiglio dei Ministri, probabile ideatore del termine in questione. Del Presi- dente Renzi al momento, si apprezza la de- terminazione ad intervenire su una materia come il lavoro, che è il “basamento” del Paese, come afferma l’art. 1 della Costituzione (L’Italia è una Repubblica democratica, fon- data sul lavoro …), ma, pur essendo una persona di cultura, più che ispirarsi a suoi illustri conterranei, come Dante Alighieri, almeno nel lessico, sembra prediligere Piero Pelù o i Negrita, che sono anche loro fiorentini, ma decisamente meno aulici! Pertanto, prendendo a prestito la nota frase (… o famo strano …) della coppia di sposi coatti del film Viaggi di nozze di Carlo Verdone, guarda caso girato in parte a Firenze, la pri- ma sintetica riflessione sul Jobs Act, dopo aver finito di leggere il disegno di legge, è: “dimolo strano!”
Il fatto di volerlo dire strano è più evidente se ricordiamo a noi stessi che l’uso di termini stranieri nella lingua italiana è consentito quando non esistono corrispondenti termini italiani nonché quando i termini stranieri sono di uso comune, si pensi a bar, pub, basket, film, software, hardware, fair value e via dicendo. Jobs Act, in verità, non ha caratteristiche di questo tipo, non ha un significato univoco e, addirittura, non esiste una sua precisa definizione in italiano, tanto che il Vocabolario Treccani.it recita: Jobs act (Job Act, job act) loc. s.le m. Piano per il lavoro.
Tenendo a mente la meno roboante definizione Piano per il lavoro, diamo uno sguardo al testo licenziato dal Senato, con l’auspicio di fornire qualche spunto di riflessione o suggerimento, al Legislatore prima ed al Governo subito dopo l’approvazione della legge delega, da parte di chi, come il Commercialista, è chiamato quotidianamente ad assistere gli imprenditori nella gestione dei rapporti di lavoro, cercando di coniugare le esigenze di efficienza ed efficacia aziendale con la tutela della libertà e della dignità dei lavoratori.
Il Disegno di legge è composto da un solo articolo, suddiviso in 14 (quattordici) commi, i primi 9 (nove) dei quali contengono le materie oggetto di delega al Governo:
- commi 1 e ammortizzatori sociali;
- commi 3 e 4 politiche attive del lavoro
- commi 5 e 6 semplificazione e razionalizzazione delle procedure;
- comma 7 tipologie contrattuali;
- commi 8 e 9 tutela della maternità e conciliazione dei tempi di vita e del lavoro:
Ammortizzatori sociali (commi 1 e 2)
L’intervento sugli ammortizzatori sociali può cambiare radicalmente non solo gli attuali strumenti, che sono stati modificati dalla legge 28 giugno 2012 n. 92 “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, tra l’altro con l’introduzione della ASpI e della mini ASpI, ma l’intero sistema, mediante nuovi istituti che assicurino, in caso di disoccupazione involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori e che favoriscano il coinvolgimento attivo di quanti siano espulsi dal mercato del lavoro ovvero siano beneficiari di ammortizzatori sociali.
L’obiettivo finale è sicuramente ambizioso, ossia garantire un livello (minimo) di tutele a tutti i lavoratori disoccupati per eventi aziendali e/o di mercato, mediante la scrittura ex novo delle regole sia degli ammortizzatori sociali (politiche di sostegno) sia degli strumenti finalizzati al reimpiego dei lavoratori (politiche attive del lavoro).
Si stima che la c.d. rete di sicurezza dei disoccupati dovrebbe allargarsi fino a 12 milioni di lavoratori, con un funzionamento analogo a quello della pensione contributiva, pertanto, le nuove indennità, che potrebbero anche ridursi nel numero, sarebbero proporzionali all’anzianità contributiva.
Il Disegno di legge delega prevede anche:
- l’impossibilità di autorizzare le integrazioni salariali in caso di cessazione di attività aziendale o di un ramo di essa, fattispecie oggi consentita, anche se con limitazioni;
- la correlazione tra l’accesso alla cassa integrazione guadagni e la riduzione dell’orario di lavoro, che potrebbe portare ad una vera e propria gerarchia dell’utilizzo degli strumenti nonché un ricorso più diffuso ai contratti di solidarietà;
- l’incentivazione della rotazione tra i lavoratori sospesi e posti in cassa integrazione guadagni;
- oneri aggiuntivi per le imprese che fanno ricorso agli ammortizzatori sociali (maggiore compartecipazione);
- la rimodulazione dell’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI) e l’universalizzazione del suo campo d’azione, comprendendovi anche i lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa;
- l’eliminazione dello stato di disoccupazione come requisito per l’accesso a servizi di carattere essenziale.
Politiche attive del lavoro (commi 3 e 4)
In sintonia con l’intervento di razionalizzazione e modifica degli ammortizzatori sociali, il Disegno di legge delega prevede anche la riforma dei servizi per il lavoro: “allo scopo di garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro su tutto il territorio nazionale, nonché di assicurare l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative.” Razionalizzare gli attuali incentivi all’assunzione e collegarli alle concrete possibilità di accesso al lavoro, è un’esigenza avvertita dagli operatori e che i Commercialisti hanno più volte segnalato nelle sedi competenti, sottolineando anche le necessità di semplificarne le procedure. Difatti, é preferibile avere un’agevolazione di minor valore ma di facile utilizzo e di durata certa nel tempo, che non una serie di incentivi diversi tra loro, che, a volte, per essere utilizzati impongono oneri superiori all’agevolazione che concedono. Gli aiuti pubblici, da soli non fanno crescere l’occupazione, ma avere degli strumenti inutilizzabili è addirittura offensivo, nei con- fronti sia dei datori di lavoro sia dei lavora- tori! Basti pensare al “Bonus Occupazione” del Programma Operativo nazionale per l’attuazione della iniziativa Europea per l’occupazione dei Giovani, che, nonostante esista un Decreto Direttoriale che lo regola, in talune Regioni (es. Emilia Romagna) non è utilizzabile per i contratti a termine.
(1)Il termine noterelle è stato preso in prestito dall’opera del Prof. Giuseppe Pera, che per un ventennio, fino al 2004, ha scritto di diritto del lavoro e d’altro sulla Rivista italiana di Diritto del lavoro, edita da Giuffrè, e ci ha aiutato a riflettere con libertà di pensiero e, soprattutto, a vedere le cose mai da una parte sola.
Ricordiamo, inoltre, che – attualmente – in materia di politiche attive del lavoro esistono delle disparità censurate anche dagli organi di giustizia europei, alle quali potrebbe- ro porre rimedio i decreti legislativi di attuazione della delega. Si pensi, ad esempio, che la categoria dei professionisti è esclusa dall’agevolazione all’assunzione di lavoratori in mobilità, nonostante la Corte Europea abbia disposto diversamente. E’ alquanto strano il trattamento che il sistema legislativo riserva oggi al professionista datore di lavoro, infatti, per usufruire delle agevola- zioni non è assimilato alle imprese, mentre per il pagamento dell’IRAP si!
Il Disegno di legge delega prevede anche:
- la creazione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione, partecipata da Stato, regioni e province autonome, vigilata dal Ministero del lavoro e delle politi- che sociali, che gestisca i servizi per l’impiego, le politiche attive e l’ASpI, che, se dovesse funzionare bene, costituirebbe un valore aggiunto per i datori di lavoro, costretti oggi a “fare i conti” con procedure e sistemi difformi non solo tra gli enti pubblici competenti in materia, ma addirittura, nell’ambito del- lo stesso ente, tra le varie sedi operati- ve sul territorio nazionale;
- la razionalizzazione e revisione delle procedure e degli adempimenti in mate- ria di collocamento obbligatorio (disabili e categorie protette), ai sensi della legge 12 marzo 1999 n. 68, “al fine di favorirne l’inserimento e l’integrazione nel mercato del lavoro”;
- sinergie tra pubblico e privato per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Al riguardo si ricorda che il Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, con il contributo del Gruppo Odcec Area Lavoro, nel mese di settembre 2014 ha fornito le sue osservazioni e proposte alla Camera dei Deputati, XI Commissione – Lavoro pubblico e privato, nell’ambito della indagine conoscitiva sulla gestione dei servizi per il mercato del lavoro e sul ruolo degli operatori pubblici e privati;
- nuovi sistemi di inserimento nel tessuto produttivo della persona inoccupata, anche attraverso accordi con le agenzie per il lavoro o altri operatori accreditati;
- l’istituzione del fascicolo elettronico unico del lavoratore, nel quale far con- fluire le informazioni relative ai suoi percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche (es. indennità ASpI) ed ai versamenti contributivi.
La previsione di sinergie tra servizi pubblici e privati per favorire l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, soprattutto se attuata mediante l’impiego delle tecnologie informatiche, in particolar modo per la “costituzione, gestione e cessazione dei rapporti di lavoro”, e l’istituzione del fascicolo elettronico, sono assolutamente condivisibili e, al riguardo, è utile che si coinvolgano quanti più soggetti possibili, a cominciare dai professionisti (Avvocati, Commercialisti e Consulenti del lavoro) che ogni giorno si trovano in prima linea!
E’ opportuno fare un breve accenno anche al problema delle c.d. dimissioni in bianco, per evitare il quale è attualmente vigente un sistema inutilmente macchinoso, che i lavoratori a volte non rispettano, lasciando in capo ai datori di lavoro le conseguenze sanzionatorie. Per garantire la data certa e l’autenticità della manifestazione di volontà del lavoratore che cessa il rapporto di lavoro per dimissioni o risoluzione consensuale, il Disegno di legge introduce il concetto di “certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente del lavoratore”, che sarà cura del Governo tra- sformare in un sistema semplice, economico ed efficace.
In merito alla razionalizzazione e semplificazione che “permea” tutto il Disegno di legge, si segnala che i Commercialisti hanno condiviso quanto ha detto il 30 giugno 2014 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti nel corso della VIII Assemblea Gruppo Odcec Area Lavoro a Rimini, con riferimento all’Agenzia nazionale per l’occupazione, che in quel momento era ancora in pectore: “abbiamo deciso di istituire un’Agenzia unica che fa riferimento a tutte le problematiche delle imprese e del lavoro, se riusciremo a fare questa operazione avremo prodotto una grande operazione di semplificazione”; è appena il caso di annotare che sono seguiti gli applausi della platea!
Semplificazione e razionalizzazione del- le procedure (commi 5 e 6)
La semplificazione come strumento per rilanciare l’economia. Questo l’obiettivo dei commi 5 e 6 del Disegno di legge, che affida al Governo il compito di razionalizzare e semplificare le procedure connesse ai rapporti di lavoro e alla sicurezza sul lavoro. Come? In primis l’auspicata chiarezza normativa, essenziale per semplificare tutte le gestioni connesse con i rapporti di lavoro. La delega al Governo, infatti, prevede di “dimezzare il numero degli atti [amministrativi] di gestione del rapporto di lavoro” nonché l’eliminazione, anche con l’emanazione di norme di carattere interpretativo, di tutte quelle disposizioni normative che hanno determinato forti contrasti interpretativi generando un elevato contenzioso.
La suddetta previsione consentirebbe se concretamente attuata, di sburocratizzare la gestione dei rapporti di lavoro rendendoli più facili non solo agli addetti ai lavori, ma a tutti i cittadini!
Il Disegno di legge affida al Governo il compito di rivedere il sistema sanzionatorio tenendo conto delle violazioni formali e favorendo “l’immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita”. L’errore, che nel ginepraio delle norme confuse, è spesso inevitabile, dovrebbe essere tempestivamente evidenziato dall’Amministrazione e non portato a conoscenza nei termini, esorbitanti, della prescrizione con conseguenti oneri aggiuntivi (sanzioni ed interessi). Non sempre vi è una volontà precisa di omissione e il contribuente medio ben preferisce adempiere regolarmente ai propri obblighi, ma questo richiede una certezza normativa che, finora è stata solo annunciata e mai realizzata. Sempre nell’ambito sanzionatorio, inoltre, il Disegno di legge stabilisce che si intervenga nel campo della prevenzione e repressione del c.d. lavoro sommerso, speriamo in modo efficacie!
La semplificazione e razionalizzazione delle procedure, alla quale tende il Disegno di legge, non è limitata agli adempimenti costitutivi, modificativi o estintivi del rapporto di lavoro, ma comprende anche quelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Sull’argomento della semplificazione e razionalizzazione delle procedure, il Gruppo Odcec Area Lavoro ha formulato – nel corso dell’ultimo anno – varie proposte prati- che, orientate alla trasparenza normativa ed alla semplificazione, come:
- l’istituzione del Codice del Lavoro, ossia di un testo unico che accolga tutte le norme inerenti ai rapporti di lavoro, comprese quelle relative alla sicurezza sul lavoro, con conseguente abrogazione delle norme incoerenti e obsolete;
- l’unificazione delle comunicazioni, indispensabile per gli stessi enti pubblici (Ministero del lavoro, Inps, Inail, Organi del collocamento, ) che oggi non “dialogano” tra di loro, almeno a livello informatico. Non è civile che per una richiesta di Cassa integrazione in deroga si debbano presentare due istanze pressoché identiche, una all’Inps ed una alla Regione e, successivamente, rendicontare le ore mensili fruite alla Regione e poi ancora all’Inps, con i flussi Uniemens (sic).
In merito alla comunicazione di inizio, modifica o cessazione del rapporto di lavoro si segnala, inoltre, che, attualmente, il datore di lavoro per vedersi riconoscere una agevola- zione alla quale ha diritto, connessa all’assunzione di lavoratore, deve assoggettarsi a tali e tanti adempimenti che, se non vi rinuncia, a volte li completa quando il rap- porto si è già concluso! Mentre il Centro per l’impiego sa, o dovrebbe sapere, se un lavoratore ha caratteristiche tali per cui al suo datore di lavoro compete o meno un’agevolazione connessa all’assunzione e dovrebbe, all’atto dell’assunzione stessa, darne conferma al datore di lavoro e comunicazione agli enti competenti (es. Inps).
In tema di semplificazioni, merita un accenno anche il Registro degli infortuni, che, al momento, è soggetto a vidimazione in alcune Regioni d’Italia ma non in altre, in base alla competenza territoriale in materia di salute. Al riguardo si ricorda che i datori di lavoro sono già soggetti ad un libro vidimato che, non a caso si chiama libro unico del lavoro (LUL), sul quale devono annotare tutti gli eventi che riguardano il lavoratore, compresi gli infortuni e le indennità corrisposte. Il LUL (vidimato dall’Inail), quindi, potrebbe essere sufficiente a registrare i “fatti” della vita lavorativa di ciascun lavoratore, integrato dalla conservazione dei certificati medici e degli ulteriori documenti relativi agli infortuni.
Parlando di infortuni, come non affrontare la spinosa questione della sicurezza sul lavoro? Troppi adempimenti spesso solo di natura burocratica senza un reale impatto sulla sicurezza dei lavoratori!
La semplificazione dovrebbe operare soprattutto per tutte quelle realtà produttive a “basso rischio” facilmente individuabili dalle classificazioni Inail. Linee guida semplificate per la valutazione dei rischi, individuazione di Responsabili dei lavoratori per la sicurezza (RLS) territoriali su base settoriale possibilmente gestiti/forniti dall’Inail stesso, riconoscimento dei corsi effettuati in prece- denti rapporti di lavoro, modalità semplifica- te di frequenza dei corsi anche on line, sorveglianza sanitaria organizzata con le ASL, strumenti chiari e propositivi per la valuta- zione dello stress da lavoro correlato, ecco alcuni punti sui quali la semplificazione potrebbe operare a vantaggio sia di una maggiore trasparenza sia di una diminuzione dei costi fissi per le piccole e medie aziende.
In merito alla riforma del sistema sanziona- torio, infine, si auspica un intervento normativo basato sul rispetto e la considerazione reciproci tra enti pubblici ed imprenditori, e, soprattutto, il superamento dell’attuale “approccio punitivo” del datore di lavoro che ancora caratterizza talune norme e molti documenti di prassi. Visto, inoltre, il grave disagio che la crisi economica sta creando alle imprese, sarebbe necessario intervenire anche sulle norme in materia di rateizzazione e, in taluni casi di sospensione della riscossione dei contributi, per la quota a cari- co del datore di lavoro.
Tipologie contrattuali (comma 7)
Attuando la delega relativa alle tipologie contrattuali, il Governo dovrà e potrà inter- venire in modo sostanziale sul vigente quadro normativo, che è il risultato – o più precisamente – la stratificazione di interventi normativi che si sono succeduti nel tempo senza un preciso disegno, badando più agli effetti immediati che alla certezza dei rapporti e, a volte, anche del diritto!
Come avviene con la formazione della nazionale di calcio, ognuno di noi sa qual è la soluzione migliore! Ma la materia, che richiede una vera e propria ridefinizione e non un semplice restyling è delle più complesse, tanto che un errore potrebbe compromettere o ritardare centinaia o anche migliaia di assunzioni.
Ove mai il Governo cercasse l’ispirazione giusta per partire nel “viaggio del cambia- mento”, la cui durata è prevista in sei mesi, tanti quanti glie ne concede il Disegno di legge per adottare i decreti legislativi di attuazione, potrebbe rileggere l’art. 4, secondo comma, della Costituzione della Repubblica Italiana: “Il lavoro è ogni attività o funzione diretta al progresso materiale e spirituale della società”, riflettere sul fatto che il termine lavoro si concretizza in diverse tipologie, come il la- voro dipendente (o subordinato) ed il lavoro autonomo, e ricordare che ogni lavoro, di per sé, può essere svolto in modo autonomo o subordinato, ma anche in modo para subordinato e, perché no, para professionale. In luogo dei diversi tipi di contratto oggi esistenti, il Disegno di legge, dopo aver affermato che occorre “riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo …” prevede vari interventi integrativi e/o modificativi, come, ad esempio:
- il “recupero” della centralità del con- tratto di lavoro a tempo indeterminato nel nostro ordinamento e, non a caso, lo definisce la forma privilegiata di contratto di lavoro, prevedendo anche che sia reso più conveniente rispetto agli al- tri tipi di contratto, in termini di oneri diretti e indiretti;
- il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio, per le nuove assunzioni;
- la revisione della disciplina delle mansioni, in caso di processi di riorganizzazione/conversione aziendale, riservando alle organizzazioni sindacali dei la- voratori un ruolo fondamentale nella definizione, mediante accordi collettivi anche aziendali, di ipotesi ulteriori rispetto a quelle che saranno definite dalla legge delega, necessarie per gestire le esigenze di specifiche aziende o determinati comparti produttivi;
- la revisione della disciplina dei controlli a distanza, tenuto conto che quella attuale è decisamente obsoleta;
- l’introduzione, anche in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
Al fine di attuare con efficacia ed equità la delega, il Governo, ragionevolmente, avvierà un confronto con le parti sociali e gli addetti ai lavori, nella consapevolezza della valenza strategica degli interventi sulle tipologie contrattuali. Basti pensare che con il termine contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti possono intendersi strumenti molto diversi tra loro. Una cosa è introdurre un lungo periodo di prova (ad es. di tre anni), durante il quale il licenziamento è sempre possibile, un’altra è la libertà di licenziamento, con il solo limite (forse) di quello discriminatorio, ma con un indennizzo crescente con l’anzianità di servizio, da applicarsi solo ai nuovi assunti. Per non par- lare della revisione della disciplina delle mansioni, che dovrebbe intervenire in modo significativo sull’istituto dello ius variandi, che costituisce una delle manifestazioni tipiche del potere direttivo, regolato dall’art. 2103 del Codice civile nel seguente modo: “il lavoratore deve essere adibito alle man- sioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito o a quelle equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione”. Vero è che l’ultimo intervento modificativo di tale istituto risale al 1970 (art. 13 dello Statuto dei lavoratori), ma non saranno poche le resistenze che incontrerà il Governo nel momento in cui ci “metterà le mani”, soprattutto dalla componente più radicale di talune organizzazioni sindacali dei lavoratori, mentre nelle aziende è sempre più diffusa la considerazione che, a volte, è meglio la modifica delle mansioni, con le tutele stabili- te dalla legge, che perdere il posto di lavoro! Non deve stupire l’assenza nel Disegno di legge di riferimenti all’art. 18 dello statuto dei lavoratori (legge 300/1970), trattandosi, in realtà, di un argomento agitato più come un feticcio nella recente discussione politica, ma che è di modesta portata, mentre la delega, se sarà confermata anche dalla camera dei Deputati, è di quelle che consentono un reale cambiamento!
Tutela della maternità e conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (commi 8 e 9)
La delega punta a dare più sostegno alla maternità anche “nella prospettiva di estendere, eventualmente anche in modo graduale” l’indennità di maternità “a tutte le categorie di donne lavoratrici” ed alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro prevedendo una maggiore flessibilità degli orari di lavoro e dei congedi obbligatori e parentali. Lo scopo è quello di tutelare la maternità delle lavoratrici e favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori.
La previsione di estendere l’indennità di maternità a tutte le categorie di donne lavoratrici, comprese quelle parasubordinate ed autonome, anche in mancanza dei versamenti dei contributi da parte dei datori di lavoro, è sicuramente degna di un paese civile, ma probabilmente, dovrà essere resa compatibile con le scarse risorse disponibili a tal fine.
Il Disegno di legge prevede anche la possibilità di “introduzione del tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito complessivo della donna lavoratrice, e di armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico”.
Dal momento che nel nostro ordinamento già esiste un sistema di tutela della maternità, perfettibile ma funzionante, in previsione dell’esercizio della delega, si segnala al Governo:
- l’esigenza di intervenire, se possibile, in modo “chirurgico”, salvaguardando gli istituti che funzionano, modificando quelli che lo richiedono ed introducendo i nuovi, secondo un principio di continuità degli stessi istituti, la cui operatività è garantita da procedure amministrative ed informatiche pubbliche e private;
- la conciliazione tra vita e lavoro, alme- no nelle micro imprese, si scontra con le esigenze organizzative e la necessità di essere competitivi sul mercato. In situazioni di questo tipo, un aiuto economico, tramite finanziamenti o decontribuzione o detassazione, sarebbe più efficacie;
- ai datori di lavoro che, già oggi, vanno incontro alle lavoratrici concedendo part time oltre a quelli obbligatori in base al contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), si potrebbe pensare di rifinanziare la legge 53/200 (permessi per motivi familiari, ecc.);
- che anche le professioniste hanno il problema di conciliare il lavoro con la famiglia, come dimostra una recente indagine statistica dalla quale è emerso, o sarebbe meglio dire confermato, che nei Consigli di Amministrazione e nei Collegi dei Revisori legali le donne sono in netta minoranza, a parità di anzianità di iscrizione all’Ordine professionale, ma non solo, anche il loro reddito è inferiore a quello dei colleghi uomini, che hanno più tempo da dedicare alla professione;
- sarebbe auspicabile introdurre nell’ordinamento forme di sostegno alle imprese costituite solo da donne, nelle quali – con elevata probabilità – potrebbero essere praticate più facilmente sia la flessibilità di orario sia altre forme di “mutua assistenza” per l’esercizio delle responsabilità genitoriali, ad esempio mediante lo scambio fra le lavoratrici di tutti o parte dei giorni di riposo previsti dalla legge e/o dal contratto collettivo nazionale di lavoro.
La revisione delle tutele e sostegno della maternità e paternità, anche per garantire una migliore flessibilità è – in generale – condivisibile, si raccomanda, però, di tenere presente la necessità di coordinare le modifiche normative con gli adempimenti pratici e la prassi consolidata. Si pensi al frazionamento ad ore del congedo parentale possibile dal 1 gennaio 2013 a seguito di accordi collettivi che ne definiscano i criteri e le modalità, ma ancora “ignorato” dall’Inps, che non ne ha definito le modalità di gestione.
Per agevolare la genitorialità, l’assistenza ai familiari anziani ed i tempi di vita, l’attuazione della delega può essere la prima vera opportunità di definire in modo chiaro ed univoco le modalità ed i limiti di esercizio dei diritti individuali, nel rispetto delle esigenze aziendali, nonché per il concreto utilizzo delle nuove tecnologie, come quelle che consentono il telelavoro.
I progetti delle aziende che, ai suddetti fini, favoriscano il ricorso alle nuove tecnologie o sviluppino servizi per l’infanzia, anche mediante accordi con terzi, dovrebbero rientrare nel novero delle iniziative meritevoli di sostegno.
In un recente convegno dell’Odcec di Tori- no con l’Ente Bilaterale per l’Artigianato Piemontese è emerso che, anche a causa del perdurare dello stato di crisi economica del Paese, la necessità di ricorrere a forme di sussidio e/o assistenza alle famiglie è avvertita non solo dai lavoratori subordinati, ma anche dai titolari, soci e coadiuvanti artigiani. Si segnala, inoltre, che negli ultimi anni è cresciuto il ricorso alle prestazioni della Cassa di Assistenza Sanitaria Integrativa per le lavoratrici degli Studi Professionali (Ca.Di Prof.), che garantisce un fondo maternità di 1.000 euro per ogni gravidanza, oltre all’asilo nido, per un massimo di 600 euro all’anno fino ai 3 anni di età del bambino, ed a rimborsi delle spese per assistenza pediatrica, prodotti e presidi sanitari, quali pannolini, omogeneizzati, ecc.
E’ appena il caso di segnalare, infine, che degli interventi innovativi sul fronte dell’assistenza alla prima infanzia, nei quali rientrano gli asili nido, favorirebbero la ripresa dell’attività lavorativa della madre in tempi brevi, con la salvaguardia sia della sua professionalità sia dell’efficienza aziendale.
Questo articolo appare per gentile concessione della direzione di PRESS, essendo stato pubblicato sul n. 10/2014 di tale rivista
* Componenti del Gruppo Odcec Area Lavoro
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