Il distacco del personale in uscita EXTRA-UE
di Paolo Soro*
La mobilità internazionale della forza lavoro è un’esigenza sempre più pressante per le aziende che aspirano a crescere, conquistare nuovi mercati e, in generale, sviluppare le proprie attività all’estero, sia per naturali interessi economici, che per trovare delle valide alternative all’ingessato sistema burocratico italiano. L’istituto del distacco è quello che consente di attuare in maniera ottimale la mobilità internazionale di personale.
Spesso si è chiamati ad assistere clienti che intendono sperimentare nuovi mercati stranieri in previsione di un futuro insediamento, clienti che, in tali paesi, non hanno in essere ne’ società di diritto estero, ne’ una mera stabile organizzazione, e non hanno neppure rapporti di colleganza con imprese locali che potrebbero consentire il distacco, ma hanno l’obiettivo di assegnare in loco una loro risorsa che avrà come obiettivo l’analisi delle potenzialità economiche del paese in relazione al loro business.
Se si considera che il distacco è un rapporto trilaterale che coinvolge il datore di lavoro che invia il lavoratore (distaccante), un soggetto, in questo caso estero, che lo riceve (distaccatario) e lo stesso lavoratore (distaccato), considerato inoltre che nel distacco la prestazione viene resa presso il distaccatario, è evidente che tale formula non può essere applicata per l’esigenza specifica del cliente. In questo caso non rimane che l’apertura di un ufficio di rappresentanza presso cui trasferire, temporaneamente o stabilmente, il dipendente.
L’apertura dell’ufficio di rappresentanza è senz’altro da preferire rispetto alla costituzione di una società estera o di una stabile organizzazione perché, trattandosi di una fase esplorativa del mercato (quindi con la fondata possibilità di cambiare successivamente idea/Paese), questa soluzione comporta: i) minori costi di gestione ii) la presenza di un soggetto senza autonomia giuridica e fiscale rispetto alla “casa madre”; iii) il fatto di non impegnare l’imprenditore, come viceversa comporterebbe l’apertura di una società di diritto locale. Ovviamente, sarà necessario monitorare con particolare attenzione la natura della prestazione economica resa nel paese estero, al fine di non rischiare di vedersi configurare una stabile organizzazione.
Nella maggioranza dei casi, tuttavia, l’invio di dipendenti all’estero presso altro datore di lavoro si verifica prevalentemente all’interno di gruppi societari internazionali, quindi nell’ambito di distacco all’interno di un gruppo. In tal caso, il Ministero del Lavoro ha specificato che l’interesse al distacco si ritiene di per sé sussistente, in ragione di un disegno strategico finalizzato al raggiungimento di un risultato economico unitario (Interpello Ministero del Lavoro 1/2016).
Nei casi di reti d’impresa, questa interpretazione ministeriale diventa legge. La legge 99/2013 ha infatti inserito una particolare previsione relativa proprio al distacco di personale che avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del d.l. 5/2009. In siffatta ipotesi, come precisa anche il Ministero del lavoro con la circolare n. 35/2013, l’interesse al distacco da parte del distaccante non deve essere accertato ma si presume connesso, e pertanto sorge automaticamente proprio in forza dell’operare della rete.
Ciononostante, va evidenziato e tenuto in considerazione che il distacco è giustificato solo laddove sia possibile individuare un interesse dell’azienda distaccante, che non può in alcun caso essere riconducibile alla mera somministrazione di lavoro e che, sempre secondo il Ministero del Lavoro, deve essere specifico, rilevante, concreto e persistente. Con queste caratteristiche si intende che l’interesse deve essere ben definito e delineato, deve poter giustificare il distacco del lavoratore e, allo stesso tempo, avere una connotazione concreta che accompagni il distacco per l’intera durata prevista. È sempre opportuno specificare il motivo del distacco nel contratto, anche laddove si sia nell’ambito di distacco in un gruppo societario, mentre nei contratti di rete lo si può omettere perché previsto dalla sopra citata norma.
Altro elemento fondamentale ai fini della legittimità del distacco è la durata che varia in relazione alla normativa di riferimento. Nei distacchi intra-UE (Direttiva 2018/957, ratificata in Italia dal d.lgs. 122/2020), la durata massima è di 12 mesi, eventualmente prorogabile di ulteriori 6. L’Accordo post Brexit UE/UK (L 444/14, in Gazzetta Ufficiale UE 31/12/2020) prevede invece una durata massima di 24 mesi. In Italia, nell’ambito dei distacchi domestici, la durata massima non ha un limite temporale preciso; la norma, infatti, si limita a stabilire che il distacco deve essere comunque temporaneo e perdurare fino al permanere dell’interesse del datore di lavoro distaccante. Negli altri casi sarà necessario fare riferimento ai singoli accordi internazionali, ove esistenti.
Nei Paesi privi di una norma specifica non vi è neppure una durata massima prefissata. Qualora si distacchi un dipendente dall’Italia in una nazione che non ha stipulato accordi bilaterali che prevedono termini di durata massima, si dovrà fare riferimento alla nostra normativa interna. È bene ricordare che il periodo di distacco non si interrompe nei casi di malattia o di ferie, ma può terminare in anticipo rispetto alla scadenza iniziale anche nel caso di dimissioni o di licenziamento.
L’accordo con il lavoratore è sicuramente uno degli aspetti ai quali prestare particolare attenzione, in particolare quando si tratta di missioni in Paesi extra-UE. La norma italiana richiede l’espresso consenso del dipendente da distaccare quando:
- il distacco comporta un mutamento di mansioni;
- il distacco comporta un trasferimento a un’unità produttiva posta a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, se:
- non sussistono comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive;
- l’azienda affronta una crisi finanziaria e si avvale del distacco per la salvaguardia stessa del posto di lavoro (Cassazione 18959/2020).
In tali casi è necessario predisporre un accordo col dipendente interessato ad un distacco extra-UE, accordo che dovrà prevedere una sorta di “indennità disagio” per il fatto di svolgere il proprio lavoro lontano da casa, indipendentemente dagli altri obblighi inerenti ai distacchi transnazionali (alloggio, condizioni contrattuali, sicurezza sociale, etc., che successivamente verranno approfonditi).
Inoltre, seppure non esista uno specifico obbligo normativo, si consiglia di informare correttamente il dipendente (quindi esplicitarlo nell’accordo) sulle conseguenze di natura fiscale, specie laddove la missione preveda un periodo di permanenza all’estero per oltre 183/184 giorni (anche non consecutivi) nell’arco di 12 mesi. Ne consegue che l’analisi del distacco dovrà tener conto anche delle previsioni della Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e il Paese straniero presso il quale verrà mandato in distacco il dipendente.
L’accordo in questione così delineato dovrà essere redatto per iscritto, firmato dal datore di lavoro e dal dipendente per accettazione e dotato di data certa antecedente al periodo del distacco (raccomandata, PEC, o simili).
Oltre agli aspetti di natura fiscale, si rende necessario analizzare la normativa dello Stato straniero interessato e l’eventuale esistenza di uno specifico trattato bilaterale in materia previdenziale con l’Italia, posto che, trattandosi di regime extra-UE, vengono meno le tutele stabilite nelle direttive e nei regolamenti comunitari. È quindi necessario che il contratto di lavoro venga analizzato e confrontato con le norme imperative dello Stato di destinazione ed eventualmente armonizzato con esse.
Gli elementi principali di analisi sono la retribuzione minima che deve essere riconosciuta al lavoratore per l’attività svolta e l’orario di lavoro che deve essere osservato. Spesso ci si chiede se sia legittimo non rispettare le condizioni retributive e contrattuali in vigore nel Paese estero ove i dipendenti vengono distaccati, quando non vi sia un accordo internazionale che lo regolamenta. A parere di chi scrive, la risposta è negativa, infatti, stante che non è comunque legittimo eludere tali condizioni, pressoché tutti gli Stati, anche privi di norme specifiche in materia di distacco, hanno posto in essere norme di legge interne atte a contrastare il fenomeno del dumping sociale ed economico, prevedendo sanzioni particolarmente (e giustamente) onerose. Ne consegue che, o si conosce perfettamente l’intero ordinamento del Paese estero interessato e non solo la legislazione sul lavoro – cosa peraltro piuttosto improbabile – oppure è sempre fortemente raccomandato garantire al dipendente distaccato condizioni retributive e contrattuali quanto meno equivalenti, a parità di mansioni svolte, a quelle previste nello Stato di destinazione del distaccato.
In merito alle tutele del dipendente distaccato, la normativa interna di riferimento, per tutte le fattispecie di distacco, è sempre l’art. 30 della legge 276/2003 così come integrata dalle disposizioni di cui all’art. 18 della legge 398/1987.
A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 151/2015 e della successiva Nota Direttoriale del 30/09/2015, n. 20578, dal 24/09/2015 le richieste delle autorizzazioni ministeriali non sono più necessarie. Ne consegue che, al fine di tutelare il lavoratore italiano operante in Paesi extra-UE, con il nuovo disposto normativo, le condizioni di lavoro, che prima erano il focus dell’accertamento da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dovranno essere oggetto di pattuizioni da inserire nel contratto di lavoro.
Nello specifico, il datore di lavoro dovrà contrattualmente garantire al dipendente:
- un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative per la categoria di appartenenza del lavoratore;
- l’ammontare delle prestazioni in denaro o in natura riconosciute per lo svolgimento all’estero del rapporto di lavoro;
- la possibilità per i lavoratori di ottenere il trasferimento in Italia della quota di valuta trasferibile delle retribuzioni corrisposte all’estero, fermo restando il rispetto delle norme valutarie italiane e del Paese d’impiego;
- un’assicurazione per ogni viaggio di andata nel luogo di destinazione e di rientro dal luogo stesso, nonché per i casi di morte o di invalidità permanente;
- il tipo di sistemazione alloggiativa;
- idonee misure in materia di sicurezza.
Per quanto riguarda gli adempimenti prettamente operativi, questi varieranno in relazione al Paese di destinazione. Non è possibile analizzare in questa sede le regole previste per ciascuno Stato. Poiché uno dei Paesi con un elevato numero di distacchi dall’Italia è la Svizzera, di seguito si analizza la normativa di riferimento.
La società distaccante italiana è tenuta a notificare, negli 8 giorni antecedenti, il distacco di durata massima di 90 giorni nell’anno mediante il sito federale https:// meweb.admin.ch/meldeverfahren/?request_ language=it.
La notifica alle autorità cantonali è richiesta ai datori di lavoro che distaccano lavoratori quando i lavori in Svizzera hanno durata superiore a otto giorni per anno civile. Tale agevolazione non si applica per i settori dell’edilizia, dell’ingegneria civile e della finitura edilizia, della paesaggistica e della manutenzione del paesaggio, dell’alberghiero e della ristorazione, della pulizia industriale o domestica, della sorveglianza e della sicurezza, del commercio ambulante (con l’eccezione degli operatori fieristici e circensi), dell’industria del sesso. In tali casi, i distacchi devono essere notificati dal primo giorno della loro attività lucrativa in Svizzera, indipendentemente dalla durata dei lavori forniti sul territorio elvetico.
Nel computo del periodo rientrano tutte le giornate di attività lavorativa prestate nel territorio svizzero, indipendentemente dal fatto che siano state svolte singolarmente o in un unico periodo continuativo e a prescindere dal fatto che vi sia stato o meno un soggiorno.
La notifica in esame dovrà contenere le seguenti informazioni:
- Dati anagrafici del distaccante
- Tipologia di attività del distaccante
- Luogo e durata del distacco
- Natura delle prestazioni eseguite
- Dati anagrafici del distaccato
- Orario di lavoro del distaccato
- Retribuzione del distaccato
Rispetto alla regola generale, il Canton Ticino richiede la notifica all’Ufficio per la Sorveglianza del Mercato del Lavoro sin dal primo giorno di attività, indipendentemente dal settore della distaccante. Inoltre, per le aziende che operano nel settore edile o in categorie assimilabili, è necessaria l’iscrizione all’albo LIA (Legge sulle Imprese Artigiane), il quale considera imprese artigianali tutte le società sia di capitali che di persone nonché le ditte individuali che operano con attrezzature e un organico proprio.
Per tutte le imprese che occupano personale nel comparto dell’edilizia e delle metal- costruzioni è necessario effettuare un versamento a titolo di cauzione all’Ufficio Centrale Svizzero per le Cauzioni. Tale versamento è considerato garanzia di pagamento per eventuali sanzioni contrattuali, costi di controllo e contributi al Fondo Paritetico.
La legge locale è particolarmente attenta al rispetto delle norme imperative sulla retribuzione: il datore di lavoro deve infatti garantire ai lavoratori distaccati le condizioni lavorative e salariali previste dalle leggi federali e dai contratti collettivi del lavoro (CCL) svizzeri. Vanno garantite condizioni paritetiche relativamente a:
- Retribuzione minima
- Periodi di lavoro e di riposo
- Durata minima delle ferie
- Sicurezza e salute sul posto di lavoro
- Tutela della maternità e dei bambini
- Parità di trattamento uomo/donna
I lavoratori distaccati devono sempre essere in possesso dei documenti utili a provare il rispetto delle condizioni salariali e lavorative, in particolare:
- Contratto di lavoro
- Documenti relativi a orari, tempo di viaggio e di riposo
Le sanzioni a carico dei datori di lavoro inadempienti vanno dall’ammonimento all’ammenda pecuniaria, fino al blocco dell’attività.
I soggiorni temporanei per la fornitura di prestazioni lavorative che non sono rette da un accordo specifico e che superano i 90 giorni lavorativi per anno civile, non sono disciplinati dall’Accordo bilaterale sulla libera circolazione delle persone, ma devono soddisfare i presupposti e le direttive concernenti il mercato del lavoro, ovvero la Legge federale sugli stranieri (LStr), l’Ordinanza sull’ammissione, il soggiorno e le attività lucrative (OASA). Se queste condizioni sono rispettate, i cittadini europei hanno diritto ad ottenere un permesso di soggiorno CE/AELS per la durata della prestazione.
La Svizzera non risulta avere ancora recepito le norme sul distacco previste dalla UE con la Direttiva 2018/957/UE.
Si segnala che il distacco di personale “somministrato” (società interinali), ossia il prestito indiretto di personale, non è consentito dalla legge Svizzera.
Dal punto di vista assicurativo, di regola, il distacco in un Paese extra UE non comporta il venir meno della copertura assicurativa Inail, salvo non vi sia anche un contestuale mutamento di mansioni con conseguente variazione del tasso di rischio. Il datore di lavoro italiano verserà il premio assicurativo, ma dovrà verificare l’eventuale esistenza di accordi internazionali sottoscritti dall’Italia col Paese interessato che potrebbero prevedere specifiche disposizioni relativamente al calcolo del premio. Nel caso in cui non vi fossero accordi in vigore, il premio concernente l’assicurazione sugli infortuni e le malattie professionali dovrà essere calcolato sulle retribuzioni convenzionali.
È molto importante informarsi sempre sulla normativa in essere nello Stato estero di destinazione, in quanto, qualora non vi sia un riconoscimento locale dell’assicurazione Inail, potrebbe sorgere l’obbligo per il datore di lavoro distaccante di assicurare il lavoratore anche secondo la legge del luogo del distacco, con conseguenti costi aggiuntivi non preventivati.
Il premio Inail dovrà essere versato sulla retribuzione effettiva quando si è in presenza di accordi sottoscritti fra le nazioni coinvolte. Attualmente, i Paesi firmatari di un accordo internazionale con l’Italia riguardante l’assicurazione sugli infortuni e le malattie professionali, sono:
- Argentina
- Australia (Stato di Victoria)
- Brasile
- Canada (Stati: Ontario e Québec)
- Capo Verde
- Paesi dell’ex-Jugoslavia (Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Macedonia)
- Israele
- Isole del Canale (Jersey, Guernsey, Aldernay, Herm, Jetou)
- Principato di Monaco
- San Marino
- Santa Sede
- Svizzera
- Tunisia
- Turchia
- Uruguay
- Venezuela
Grandi assenti sono gli Stati Uniti, dove, in caso di distacco, sarà necessario attivare un’assicurazione locale specifica.
Quanto riportato sopra vale anche dal punto di vista previdenziale; in tal caso, infatti, occorrerà distinguere tra gli Stati firmatari di convenzione in materia previdenziale con l’Italia e Stati con i quali non esiste alcun trattato. Va sottolineato che l’esistenza di un accordo relativo a infortuni e malattie professionali non presuppone che esista necessariamente anche un collaterale accordo in materia di coordinamento delle prestazioni previdenziali e viceversa. Questo aspetto, peraltro, è senza dubbio uno dei più delicati con riferimento alla tutela del lavoratore e deve essere opportunamente verificato. Il distacco costituisce infatti un’eccezione dal punto di vista del principio generale (lex loci laboris), con contestuali ricadute anche nell’ambito previdenziale. Il rapporto di lavoro subisce una modifica temporanea del luogo ove deve essere resa la prestazione, da cui ne discende un inevitabile collegamento con la differente legislazione previdenziale applicabile.
Quando esistono accordi sul coordinamento delle prestazioni previdenziali, si dovranno accertare le regole previste dal Paese ospitante, anche se, nella stragrande maggioranza di casi, gli accordi non sono mai completi e tendono a regolamentare solamente i versamenti concernenti il sistema contributivo agli effetti pensionistici (assicurazione IVS) mediante la totalizzazione internazionale dei periodi assicurativi.
Il distaccante, dunque, dovrà:
– accertare le condizioni di ingresso nello Stato estero;
– fare domanda dell’apertura di una posizione contributiva specifica all’Inps,
richiedendo il codice di autorizzazione 4z;
- l’Inps rilascerà la cosiddetta “stringa contributiva” contenente l’elenco delle aliquote in convenzione e la loro determinazione;
- compilare l’eventuale modulistica prevista per chiedere l’esenzione al principio generale della lex loci laboris (documenti portatili);
- verificare l’esistenza di un’eventuale contribuzione aggiuntiva in loco per quelle voci che non rientrano nell’accordo internazionale siglato, e, in tale ultima ipotesi:
- aprire una posizione contributiva per il pagamento della contribuzione residua; in tal caso sarà necessario nominare un rappresentante locale che può essere anche la società distaccataria.
Il calcolo dei contributi, anche in tal caso, andrà differenziato fra:
- aliquote in convenzione da calcolarsi sulla retribuzione effettiva;
- aliquote non in convenzione da calcolarsi sulla retribuzione convenzionale.
I Paesi firmatari di convenzione previdenziale con l’Italia, attualmente sono:
- Argentina
- Australia
- Brasile
- Canada
- Capo Verde
- Israele
- Isole del Canale (Jersey, Guernsey, Aldernay, Herm, Jetou) e Isola di Man
- Messico
- Paesi dell’ex-Jugoslavia (Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Macedonia)
- Principato di Monaco
- Repubblica di Corea
- San Marino
- Santa Sede
- Stati Uniti d’America
- Tunisia
- Turchia
- Uruguay
- Venezuela
Nell’elenco vi sono gli Stati Uniti, per contro non vi è la Svizzera, in quanto il coordinamento delle prestazioni in materia previdenziale con la Svizzera (come con i restanti Paese SEE: Norvegia, Islanda, Liechtenstein) è assicurato dal recepimento dei principali regolamenti UE in materia. Si segnala, tuttavia, che non esiste un coordinamento tra Svizzera e Stati SEE.
Relativamente all’accordo con gli Stati Uniti, si segnala quanto segue:
- l’accordo si applica alla legislazione di sicurezza sociale per le prestazioni pensionistiche IVS;
- la totalizzazione concerne la contribuzione obbligatoria versata in Italia (Inps) e negli USA (Social Security Administration). Il periodo contributivo minimo necessario ai fini della totalizzazione è pari a 52 settimane in Italia mentre sale a 78 settimane negli USA. Periodi inferiori rilevano solo ai fini dell’accertamento del diritto e della misura della prestazione, se il lavoratore non matura una autonoma pensione nel singolo Stato. Nel distacco è riconosciuta la possibilità di optare per il versamento della contribuzione nel Paese distaccante o distaccatario;
- il lavoratore dovrà munirsi di idoneo di visto di ingresso negli USA:
- H-1B temporary workers: visto temporaneo per il lavoratore specializzato che abbia completato un corso ad alto livello di istruzione (es. laurea), con rilascio della Labor Attestation nel limite delle quote massime previste dall’autorità;
- L-1 intercompany transferees: visto per i trasferimenti di personale infragruppo che, durante i tre anni precedenti la richiesta di visto, ha lavorato continuativamente per almeno un anno per la distaccante e che è in procinto di essere assegnato a una succursale, affiliata o consociata negli USA, con mansioni manageriali, direttive o comunque altamente specializzate;
- E-2 treaty investors: visto per gli investitori.
Il dipendente distaccato è soggetto alle tutele previste dalle agenzie federali (Occupational Safety and Health Administration; Equal Employment Opportunity Commission).
I costi di distacco aumentano sensibilmente per quei Paesi che non hanno sottoscritto accordi in materia previdenziale e quasi sempre è prevista una doppia imposizione. Ogni Stato può chiedere il versamento dei contributi per il lavoratore in distacco in funzione della propria legislazione. Quanto l’Italia è Stato di invio è sempre richiesto il versamento di una contribuzione inferiore al fine di non creare un’integrale duplicità (e inutilità) dei contributi pagati. È necessario prevedere l’apertura di una posizione contributiva ad hoc alla quale verrà assegnato il codice di autorizzazione 4c e l’Istituto comunicherà la già citata “stringa contributiva” che conterrà le inferiori aliquote di versamento (circa il 10% in meno). Tale riduzione contributiva non avrà conseguenze effettive sulla posizione complessiva previdenziale del dipendente distaccato.
Un caso frequente di distacco in Paesi non convenzionati è quello con la Cina.
La Cina applica il principio della lex loci laboris e richiede il pagamento in loco dei contributi previdenziali anche per il personale distaccato dall’Italia. Il datore di lavoro dovrà aprire una propria posizione contributiva presso l’Housing Fund Bureau, producendo copia della propria business licence e del documento d’identità del legale rappresentante.
Il sistema contributivo locale prevede:
- Il fondo per la prestazione pensionistica
- L’assicurazione sanitaria
- Il fondo per la disoccupazione
- L’assicurazione per gli infortuni
- Il fondo per la maternità
- Il “fondo-alloggi”
La base di calcolo contributiva è data dalla media della retribuzione mensile dell’anno precedente rispetto a quello in cui il versamento si riferisce. È previsto, però, un limite massimo (in genere il 300% del salario medio relativo alla municipalità in cui il lavoro è prestato) oltre il quale la retribuzione è esente da contribuzione.
Nelle due municipalità più importanti (Pechino e Shanghai) le aliquote sono molto elevate:
- Datore di lavoro = circa 39%;
- Dipendente = circa 16%.
Un altro Paese non convenzionato spesso oggetto di distacchi dall’Italia è la Russia.
In questo caso è sempre richiesta la formalizzazione del rapporto di lavoro in Russia, perché la legge locale non riconosce il distacco di dipendenti dall’estero. In caso di permanenza sul territorio russo per periodi superiori a 90 giorni consecutivi o 180 giorni all’anno, il lavoratore dovrà essere assunto da un datore di lavoro locale o dovrà aprire una propria posizione imprenditoriale autonoma.
L’unica “scappatoia” diventa allora quella di optare per l’istituto della trasferta: esiste, infatti, un visto specifico per affari che permette al lavoratore straniero di rimanere sul territorio russo per 180 giorni l’anno senza che sia necessaria l’assunzione in loco. Durante tale periodo il dipendente resterà integralmente a carico del datore di lavoro italiano. Sarà comunque necessario definire dettagliatamente i compiti che il lavoratore dovrà svolgere in Russia motivando la trasferta nell’apposito accordo sottoscritto (per accettazione) dal dipendente al fine di scongiurare l’insorgere di contenziosi sia in Italia che in Russia.
Qualora tali soluzioni non siano percorribili, il lavoratore potrà solo essere assunto da un datore di lavoro locale. Il costo contributivo sarà allora il seguente:
- Datore di lavoro = 30% fino a 000 rubli mensili netti che andrà a scalare fino al 10% circa sulla parte eccedente;
- Dipendente = 13% indipendentemente dal salario corrisposto.
Va evidenziato che, in genere, in Russia si considera sempre (anche nei contratti) lo stipendio netto e non quello lordo.
La tassazione avviene col noto sistema del sostituto d’imposta e il lavoratore farà poi valere il credito nella propria dichiarazione fiscale italiana.
* Odcec Roma
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