Indagine salario minimo – minima retribuzione da CCNL
di Cinzia Brunazzo*
Negli ultimi due anni è in atto una discussione politica in merito all’introduzione in Italia di un salario minimo.
In Italia non esiste una cifra minima oraria uguale per tutti i lavoratori; esiste una retribuzione cosiddetta equa che soddisfi il requisito della sufficienza, voluto dall’art. 36 della Costituzione e una serie di obblighi di applicazione della contrattazione stipulata dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative ai fini delle agevolazioni, della contribuzione ecc.
In parlamento giacciono più proposte in merito all’introduzione di una soglia minima legale per tutti i lavoratori e ognuna di esse ha caratteristiche e criticità diverse.
Vediamone alcune:
il disegno di legge Atto Senato 310 del 3 maggio 2018 titolato “istituzione del salario minimo orario” prevede che, al fine di dare attuazione al requisito della sufficienza voluto dall’art. 36 della Costituzione, il valore orario del salario minimo che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore non può essere inferiore a 9 euro al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Tale importo minimo orario andrà incrementato il 1° gennaio di ogni anno secondo i parametri dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ed andrà applicato al livello retributivo inferiore, mentre i livelli superiori, se il minore sarà stato adeguato, andranno riparametrati in aumento.
In questa proposta il campo di applicazione non è ben delineato, in quanto all’articolo 2 prima vengono citati i datori di lavoro, quindi sembra riferirsi solo ai lavoratori dipendenti, poi viene prevista l’applicazione a tutti i rapporti aventi per oggetto una prestazione lavorativa e quindi anche agli autonomi.
Il disegno di legge Atto Senato 658 del 12 luglio 2018 titolato “disposizioni per l’introduzione del salario minimo orario” prevede la garanzia dell’applicazione del trattamento economico complessivo previsto dal contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria stessa e comunque non inferiore a 9 euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali. Tale previsione si applica sia al lavoro subordinato sia alle collaborazione organizzate dal committente di cui all’art. 2 del d.lgs. 81/2015 ad eccezione delle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi, delle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI).
è prevista l’ultrattività per legge in caso di scadenza o disdetta del contratto collettivo applicabile e l’incremento annuale dell’importo in base alle variazioni dell’Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i paesi dell’Unione (IPCA).
Il disegno di legge Atto Senato 1259 del 30 aprile 2019 titolato “Salario minimo e validità erga omnes dei contratti collettivi nazionali di lavoro” prevede che, ai fini di cui all’art. 36 della Costituzione, si debba fare riferimento al trattamento economico complessivo previsto dai contratti collettivi di lavoro sottoscritti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori più rappresentative sul piano nazionale.
Poi però stabilisce che si applica a tutti i lavoratori del settore il trattamento minimo tabellare e non fa riferimento al trattamento economico complessivo.
Tali Contratti si applicano anche ai rapporti di collaborazione di cui all’art. 2 del d.lgs. 81/2015 ad eccezione di quelli previsti dalle lettere b) c) e d) del comma 2 del medesimo articolo.
Al fine di individuare la rappresentatività, questo d.d.l. fa riferimento per le organizzazioni dei lavoratori al testo unico sulla rappresentanza del 10/1/2014 tra Confindustria e Cgil, Cisl, UIL, mentre per le organizzazioni datoriali al numero delle imprese associate.
Questo lo scenario delle previsioni di introduzione di un salario minimo voluto dalle nostre forze politiche.
Come abbiamo visto si parla di valore orario del salario minimo, di trattamento economico complessivo, di trattamento minimo tabellare senza definire cosa si intende per tali accezioni.
I Ccnl prevedono oltre la retribuzione base una serie di Istituti aggiuntivi sia prettamente economici, quali 13°, 14°, welfare, premi di produzione, sia economici/normativi quali Riduzione orario e permessi che incidono notevolmente sulla retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore per ogni ora lavorata.
Ad esempio negli studi professionali una centralinista o un’addetta alle scritture semplificate percepisce una retribuzione oraria base di euro 8,31, se però a tale importo sommiamo gli istituti economici differiti quali 13°, 14° e Trattamento di fine rapporto arriviamo a 10,41 euro all’ora lordi.
Il Comitato Scientifico Gruppo Odcec Area lavoro si è posto l’obiettivo di verificare a quanto ammonta la retribuzione oraria sia contrattuale sia effettiva, cioè comprensiva degli istituti aggiuntivi, prevista dai Ccnl stipulati dalle Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative.
Sono stati presi in considerazione una cinquantina di Ccnl fra i maggiormente applicati in Italia appartenenti ai settori industria, servizi, artigianato, lavoratori domestici e agricoltura e per ognuno di essi è stato esaminato l’inquadramento più basso. Sono stati calcolati e messi a confronto:
- la retribuzione oraria contrattuale
- la retribuzione oraria contrattuale comprensiva degli istituti aggiuntivi
- la retribuzione oraria per ora lavorabile
- la retribuzione oraria per ora lavorabile comprensiva degli istituti aggiuntivi.
Dalla ricerca, nonostante si siano presi in considerazione i Ccnl stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, l’importo medio orario del trattamento salariale minimo si attesta a 7,43 uro.
Quindi in Italia il valore mediano delle retribuzioni minime previste dai Ccnl maggiormente rappresentativi si attesta attorno a euro 7,43 come retribuzione base, notevolmente più basso del parametro ipotetico di 9 euro o 10 se consideriamo l’Atto Senato 310; anche se aggiungiamo gli istituti contrattuali diretti e indiretti abbiamo un valore mediano di 9,03 euro, ma anche in questo caso abbiamo dei comparti interi che stanno sotto soglia, l’artigianato e l’agricoltura.
A questo punto dobbiamo porci delle domande per il bene del Sistema Italia.
Possiamo permetterci l’introduzione di un salario minimo legale così come dalle proposte ferme in Parlamento? Possono oggi le imprese accollarsi questo costo aggiuntivo e restare competitive? Occorre fare chiarezza su cosa comprende l’importo del valore minimo perché, come abbiamo visto dall’indagine, se l’importo si riferisce unicamente alla retribuzione oraria, l’applicazione di un salario minimo legale che si attesti ad una cifra di 9 euro (quando gli importi minimi si attestano mediamente su 7,43 euro) determina un aumento di costi del 21,13 %. Nei paesi dove il salario minimo legale è stato istituito l’importo si attesta mediamente sul 60% del dato mediano, desunto dalla media delle retribuzioni minime previste dai Contratti Collettivi.
In Italia il minimale orario contributivo ammonta a euro 7,31, il salario ritenuto congruo ai fini della perdita del reddito di cittadinanza è di 858 euro, anche per i rapporti di lavoro a tempo pieno, che corrisponde a una tariffa oraria di 5 euro. L’unico salario minimo legale previsto in Italia è quello del Contratto di Prestazioni Occasionali tramite piattaforma dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) che ammonta a 9 euro tutto compreso; ma stiamo parlando di lavori saltuari e ad ore, e non è da trascurare che PrestO, da quando è stato introdotto, non ha incontrato molti consensi.
È utile? Sappiamo che i paesi in cui è stato introdotto il salario minimo sono paesi in cui larga parte dei lavoratori non è coperta da contrattazione collettiva, in Italia invece sono pochissimi i settori dove non c’è un Ccnl, anzi la patologia è l’eccessiva proliferazione dei Contratti: presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) ci sono depositati 800 Ccnl.
Utile sarebbe avere la certezza di quale è il Ccnl comparativamente più rappresentativo per non incorrere nelle sanzioni e nei recuperi delle agevolazioni applicate correlati al rispetto di tale contratto; la retribuzione minima oraria andrebbe lasciata alla contrattazione fra le parti che può tener ben conto sia del settore sia del territorio.
Serve? Anche il 53° rapporto Censis, ultima indagine sulla situazione della società italiana, evidenza che su un totale di 23.215.000 occupati i lavoratori con retribuzione oraria inferiore a 9 euro lordi sarebbero 2.941.000 pari al 12,66%. Di questi 2.941.000 un terzo circa ha un’età compresa fra 15 e 29 anni e il 79% è costituito dagli operai.
Sicuramente in Italia c’è il problema dei lavoratori sottopagati, ma non si tratta dei lavoratori a cui si applica un regolare Ccnl comparativamente più rappresentativo, in quanto anche se la retribuzione oraria è sotto i 9 euro, con gli istituti aggiuntivi tale importo viene superato. Per combattere questa piaga occorre combattere il sommerso, chi oggi non applica i Ccnl comparativamente più rappresentativi viola già tante norme e continuerà a farlo non applicando il “salario minimo”; i falsi part time e le false partite Iva rimarranno tali anche con il “salario minimo” ed è qui, oltre che nel lavoro nero, che si annidano i problemi.
Occorre quindi una buona legge che definisca i parametri della rappresentatività, perché introdurre un salario minimo legale lasciando invariata la normativa vigente potrebbe anche generare il paradosso che un gruppo di imprenditori potrebbe costituire un’associazione datoriale, stipulare un Ccnl con dei minimi orari pari a 9 euro ma con nessun istituto indiretto aggiuntivo, con la conseguenza di essere perfettamente a norma pur corrispondendo al lavoratore meno di quanto prevedono i Ccnl comparativamente più rappresentativi.
L’art. 39 della Costituzione stabilisce la libertà sindacale, ma gli obblighi di registrazione ivi previsti sono stati disattesi; questo ha portato alla mancata applicazione erga omnes dei Ccnl sottoscritti dalle organizzazioni sindacali, per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce, creando non pochi problemi.
E questo ci riporta al vero problema, ovvero la rappresentatività, ed a come sia difficile destreggiarsi nel panorama degli 800 Ccnl depositati al CNEL. Basti pensare che l’Inps conta solo 375 Ccnl presenti nell’applicativo UNIEMENS, nonostante dichiari che i Contratti presenti coprono il 99% delle aziende presenti in Italia. I rimanenti contratti depositati al CNEL da chi sono applicati?
* Odcec Rimini
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