La libera professione di commercialista: lo stato dell’arte
di Domenico Calvelli*
Da anni si discute di “liberalizzare” le professioni, un vero e proprio mantra a cui nessuno pare rinunciare. Eppure, tra le professioni regolamentate italiane, quella di commercialista è tra le più liberalizzate, e questo da moltissimi anni. Si comprenda infatti quale sia la vera accezione del termine liberalizzazione nel caso di specie; si tratta normalmente, in economia, di abbattere restrizioni esistenti. La nostra professione ha rinunciato, ben prima dell’abolizione operata ex lege, ai minimi tariffari. Inoltre non è mai stato introdotto il numero chiuso, che renderebbe difficoltoso l’accesso all’albo professionale. La professione che esercitiamo ha sempre posseduto un’unica “restrizione”, ma qui il termine è davvero improprio: l’esame di Stato. Stabilito dalla Costituzione e finalizzato esclusivamente a verificare le competenze dei candidati, esso opera ad esclusiva garanzia della clientela e della pubblica fede, poiché garantisce, unitamente alla formazione obbligatoria post iscrizione all’albo, che i professionisti operino adeguatamente nel tessuto economico. Il commercialista è assoggettato alla Legge ed al mercato, e si può affermare in tutta tranquillità che è una delle professioni con il maggior numero di competenze: del resto le materie statuite dal D.Lgs. 139 del 2005 (l’attuale professionale, sostitutiva delle precedenti normative che regolarono, in passato, dapprima le professioni di esercente in economia e commercio e di ragioniere, poi quelle di dottore commercialista e di ragioniere e perito commerciale) sono elencate nell’articolo 1 di detta norma, dove si tratta dell’oggetto della professione. Vi troviamo ben quindici competenze tecniche riconosciute solo per gli iscritti alla sezione A dell’albo e, tra queste materie, viene enumerata espressamente la “tenuta e redazione dei libri contabili, fiscali e del lavoro”. E non si tratta certo di un regalo del Legislatore: il commercialista oggi è frutto dell’evoluzione, verrebbe da dire darwiniana, di una professione che, per percorso di studi e per complessità giuridica ambientale, ormai ha capacità a tutto tondo nelle materie economiche e giuridiche. Ecco perché la voce della professione non deve essere una mera rivendicazione di categoria, ma assurgere a livello di opinione autorevole utile al sistema economico nazionale. Chiediamo di venire ascoltati per essere messi in grado di giovare a tutti, in un’ottica di collaborazione e non di chiusura egoistica, poichè sappiamo che le nostre competenze possono essere impiegate positivamente come vantaggio competitivo per la Nazione.
*Presidente ODCEC Biella
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