Le sanzioni in materia di lavoro dopo le semplificazioni

di Fabrizio Smorto*

Il decreto legislativo 151/2015, cosiddetto “decreto semplificazioni”, emanato in attuazione della legge delega sul Jobs Act (legge 183/2014), interviene con l’art. 22 sul sistema sanzionatorio in materia di lavoro e legislazione sociale, ed in particolare sulle sanzioni correlate agli illeciti in materia di lavoro nero, Libro Unico, prospetti paga e assegni familiari.

  1. Lavoro irregolare

In tema di maxi-sanzione la vecchia normativa prevedeva in caso di lavoro nero, una sanzione con una cifra fissa da 1.950 a 15.600 euro, oltre a 195 euro di maggiorazione per ogni giorno di lavoro in nero; nell’ipotesi di “periodo di prova in nero”, seguito poi dalla regolarizzazione, era prevista una sanzione compresa tra i 1.300 e i 10.400 euro, più 39 euro per ogni giornata in nero. Se il pagamento avveniva entro 60 giorni dalla contestazione immediata o dalla notifica degli estremi della violazione, la sanzione, ai sensi dell’art. 16 della legge 689/1981, si riduceva al doppio del minimo o ad un terzo del massimo a seconda dell’importo risultante più favorevole per il trasgressore. Il legislatore delegato è intervenuto sul decreto legge 12/2002 “Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’ estero e di lavoro irregolare”, convertito con modificazioni dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, riscrivendo il comma 3 dell’art. 3 (stabilendo le nuove misure delle sanzioni), e inserendo i commi 3 bis – ter -quater – quinquies.

Il nuovo sistema sanzionatorio, in primo luogo, riconquista la diffida che, però, è soggetta ad alcune condizioni. È previsto, infatti, che i lavoratori irregolari ancora operanti presso l’azienda, vengano assunti a tempo indeterminato (si ritiene anche con contratto di apprendistato), anche parziale, con un orario non inferiore al 50% di quello previsto per il tempo pieno. In alternativa possono essere assunti a tempo pieno e determinato con durata del contratto di almeno 3 mesi. In caso di ottemperanza alla diffida il trasgressore è ammesso al pagamento di una somma pari all’importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge, ovvero in misura pari ad ¼ della sanzione stabilita in misura fissa (art. 13 D.Lgs.124/04).

Se il lavoratore è ancora in forza, a fronte della diffida, il datore di lavoro può regolarizzare la violazione provvedendo entro 120 giorni dalla notifica del verbale unico di accertamento, a:

  • versare i contributi dovuti per il periodo pregresso effettuando anche gli adempimenti omessi;
  • assumere a tempo indeterminato, anche parziale, il lavoratore interessato mantenendolo in servizio per almeno 90 giorni, da maturarsi entro il termine di diffida, o, in alternativa, assumere il lavoratore con contratto a tempo determinato per una durata non inferiore a tre mesi;
  • pagare la maxi-sanzione in misura pari al minimo edittale.

Con circolare 26/2015 il Ministero del lavoro ha specificato che, in presenza di lavoro nero, non è possibile regolarizzare il rapporto di lavoro attraverso contratti intermittenti o di lavoro accessorio. Non è inoltre possibile accedere all’esonero contributivo di cui alla legge 190/2014, in quanto il datore di lavoro non è in regola con gli altri obblighi di legge (art. 1, comma 1175, legge 296/2006). Il Ministero del lavoro, con nota n. 20549/2015, ha fornito indicazioni sulle modalità di applicazione della diffida obbligatoria per la maxi- sanzione per lavoro nero, confermando come già espresso nella circolare n. 26/2015 che la diffida costituisce elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in misura minima che, in qualche misura, bilancia gli oneri sostenuti dal datore di lavoro per il mantenimento del rapporto di lavoro. Pertanto non è ammessa alcuna valutazione nel merito da parte del personale ispettivo in ordine alla fattibilità dell’ottemperanza alla diffida. Nella stessa nota il Ministero annuncia una circolare di prossima emanazione concernente l’applicazione della maxi-sanzione per il settore agricolo. Il mantenimento del rapporto di lavoro per il periodo minimo previsto deve essere comprovato attraverso il pagamento delle retribuzioni, dei contributi e dei premi scaduti. Il periodo di mantenimento in servizio dovrà essere computato al netto del lavoro prestato in nero, che andrà comunque regolarizzato e dovrà essere conteggiato dal periodo dell’accesso ispettivo. Nel caso di interruzione del rapporto di lavoro per cause non imputabili al trasgressore, nel periodo compreso tra l’accesso e quello di notifica del verbale, il trasgressore potrà stipulare successivamente un contratto di lavoro ma, sempre entro 120 giorni, dovrà concludersi il trimestre di mantenimento in servizio del lavoratore, in assenza del quale la diffida non potrà ritenersi adempiuta.

Il datore di lavoro è tenuto a fornire la prova dell’avvenuta regolarizzazione del lavoratore e del pagamento di sanzioni, contributi e premi entro 120 giorni dalla notifica del verbale.

Il legislatore esclude l’obbligo del mantenimento occupazionale di cui sopra, nei casi di lavoratori regolarmente occupati per un periodo successivo a quello prestato in nero nonché per i lavoratori irregolari non più in forza presso il datore di lavoro al momento dell’accesso ispettivo.

In presenza di tali fattispecie, l’istituto della diffida consente al datore di lavoro di regolarizzare il periodo di lavoro nero entro 45 giorni dalla notifica del verbale provvedendo a:

  • pagare i contributi per il periodo in nero e sanare gli adempimenti irregolari;
  • pagare la maxi-sanzione nella misura prevista.

Il novellato art. 3 decreto legge 12/2002 prevede l’applicazione di una sanzione per lavoro nero con importi a scaglione che variano in funzione delle giornate di lavoro irregolare e fanno scomparire la sanzione mobile di 195 €/gg:

  • da 500 a 9.000 euro nel caso in cui il lavoratore sia impiegato in nero fino a 30 giorni di effettivo lavoro;
  • da 3.000 a 18.000 euro nel caso di lavoro irregolare compreso tra i 31 ed i 60 giorni sempre di effettivo lavoro;
  • da 6.000 a 36.000 in presenza di oltre 60 giorni di effettivo lavoro irregolare.

Ove il lavoro nero riguardi stranieri privi del permesso di soggiorno o minori in età non lavorabile, le sanzioni subiscono un incremento del 20%, senza possibilità di applicare la diffida.

E venuta meno, pertanto, sia la sanzione aggiuntiva per ogni giornata di lavoro in nero, sia l’aumento del 50% dell’importo delle sanzioni civili connesse all’evasione dei contributi e dei premi relativi a ciascun lavoratore irregolare.

La maxi sanzione assorbe quella per il mancato invio della CO, per la mancata consegna del contratto di lavoro, nonché la violazione in materia di registrazione sul LUL (nuovo comma 3 quinquies).

Gli scaglioni aiutano gli ispettori nella definizione dell’importo della sanzione, non essendo facile individuare con assoluta certezza l’effettiva durata del comportamento sanzionato. Occorre precisare che la nuova disciplina interessa l’ammontare delle sanzioni e le procedure di regolarizzazione, nulla è mutato rispetto ai presupposti per l’irrogazione.

Così, pur se l’elemento caratterizzante l’irrogazione della maxi-sanzione è il mancato invio della comunicazione preventiva di assunzione, (eccezion fatta per i lavoratori domestici che sono esclusi dal predetto regime) rimane valido quanto chiarito dal Ministero del lavoro con propria circolare n. 38/2010 e richiamato dalla recente circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza (n. 353237 del 30/11/15): l’applicazione della maxi- sanzione è esclusa nel caso in cui il datore di lavoro abbia assolto agli adempimenti di carattere contributivo relativi al rapporto di lavoro seppur differentemente qualificato. Pertanto, l’unica documentazione ritenuta idonea ad escludere la maxi-sanzione è quella prevista per l’assolvimento degli obblighi contributivi (UNIEMENS).

La nuova disciplina sulla maxi-sanzione per lavoro nero si applica agli illeciti commessi dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo 151/2015 nonché a quelle condotte iniziate sotto la previgente disciplina e proseguite dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo (circolare ministeriale n. 16494/2015).

Altra novità prevista dal decreto 151 riguarda il provvedimento di revoca della sospensione dell’attività, a causa della presenza di lavoratori irregolari. Ricordiamo che gli Ispettori possono adottare il provvedimento della sospensione dell’attività imprenditoriale quando riscontrino l’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro (art. 14 decreto legislativo 81/2008 – Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori). Il nuovo decreto prevede che la stessa possa essere revocata, dopo la regolarizzazione completa dei lavoratori sia per i profili amministrativi (comunicazioni obbligatorie e registrazione sui libri) che per quelli sostanziali (visite mediche di idoneità, formazione iniziale) a seguito del pagamento di una sanzione aggiuntiva, rispetto a quelle già comminate, pari a € 2.000 nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare e € 3.200 nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. La circolare del Ministero n.26 del 16/11/15, relativamente all’ottemperanza agli obblighi formativi, chiarisce che la revoca della sospensione possa avvenire qualora l’attività formativa del personale da regolarizzare sia stata programmata in modo da concludersi entro 60 giorni dall’inizio della prestazione lavorativa. Su istanza di parte la revoca viene concessa subordinatamente al pagamento del 25% della somma aggiuntiva dovuta. L’importo residuo, incrementato di un ulteriore 5%, potrà essere versato entro 6 mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca. In caso di mancato o parziale versamento entro i termini, il provvedimento di accoglimento dell’istanza di revoca costituisce titolo esecutivo per la riscossione dell’importo non versato.

Avverso i provvedimenti di sospensione è ammesso il ricorso, entro 30 giorni, alla Direzione Regionale del Lavoro (DRL), che si pronuncia nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso; decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia.

  1. Libro Unico del Lavoro

Il comma 5 dell’art. 22 interviene sull’art. 39 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sostituendone il comma 7: vengono inasprite le sanzioni per omessa o infedele registrazione sul libro unico del lavoro (LUL) che determinino differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali, con un importo compreso tra:

  • 150 e 1.500 euro se la violazione si riferisce a meno di 5 lavoratori ovvero per un periodo non superiore a 6 mesi;
  • 500 e 000 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o per un periodo superiore a 6 mesi;
  • 000 a 6.000 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori o per un periodo superiore a 12 mesi.

La mancata conservazione del LUL è invece sanzionata con un importo da 100 a 600 euro.

Come si può notare la novità riguarda le modalità di determinazione della sanzione per cui non assume rilevanza il singolo dato ma occorre far riferimento alle scritture complessivamente omesse. La determinazione della sanzione è poi collegata al numero dei lavoratori interessati ed al periodo a cui si riferisce. Il legislatore fa salva la cosiddetta ipotesi di errore meramente materiale. La nuova norma, inoltre, distingue e chiarisce le seguenti fattispecie:

  • la nozione di omessa registrazione si riferisce alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun singolo dato di cui manchi la registrazione;
  • la nozione di infedele registrazione si riferisce alle scritturazioni dei dati diverse rispetto alla quantità ed alla qualità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme effettivamente erogate.
  1. Prospetti paga

Il comma 7 dell’art. 22 si occupa di rideterminare le sanzioni previste dall’art. 5 della legge 4/1953 in caso di mancata o ritardata consegna del prospetto paga o nei casi di omissione o inesattezza nella registrazione, prevedendo l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 150 e 900 euro:

  •  se la violazione riguarda più di 5 lavoratori o un periodo superiore a 6 mesi la sanzione è incrementata da 600 a 3.600 euro;
  • se i lavoratori sono più di 10 o il periodo è superiore a 12 mesi la sanzione va da 1.200 a 7.200 euro.
  1. Assegni familiari

Il comma 6 dell’art. 22, infine, stabilisce che il datore di lavoro che non provveda, se tenuto, all’erogazione degli assegni familiari è punito con una sanzione pecuniaria amministrativa da 500 a 5.000 euro:

  • se la violazione riguarda più di 5 lavoratori o un periodo superiore a 6 mesi la sanzione è incrementata da 1.500 a 9.000 euro.
  • se i lavoratori sono più di 10 o il periodo è superiore a 12 mesi la sanzione va da 3.000 a 15.000 euro.

Si ricorda che il diritto alla maturazione degli assegni si prescrive in cinque anni decorrenti dal mese successivo a quello di maturazione degli stessi.

* Odcec Reggio Calabria

 

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