L’iscrizione d’ufficio da parte dell’ Inps nella gestione esercenti attività commerciali dei soci di società immobiliari di gestione
di Stefano Ferri*
Già in precedenza ma in particolare negli ultimi anni con l’operazione “Poseidone”, l’INPS si è attivata, anche grazie all’acquisizione di numerosi dati dall’Agenzia delle Entrate, per iscrivere d’ufficio nella Gestione Esercenti Attività Commerciali IVS/COM i soci di società immobiliari, anche se di mera gestione.
Le motivazioni su cui si basano tali iscrizioni sono varie; tra le altre si segnala che gli ispettori ritengono che sussistano prestazioni di lavoro del socio meritevoli di iscrizione anche solo con l’effettuazione degli adempimenti fiscali e civilistici obbligatori per la società, nell’incasso dei canoni di locazione ove esistenti, nel seguire e programmare le manutenzioni, nell’effettuazione dei pagamenti ovvero nel controllare e gestire l’operatività bancaria ecc.
Altre volte gli ispettori contestano la presenza, sugli elenchi telefonici sia cartacei che su internet, di un’utenza intestata alla società o anche solo l’indicazione di un numero telefonico al quale rivolgersi per contattare il referente dell’immobiliare in questione.
Essi dimenticano, ed è nostro compito rammentarlo, che è comune esperienza che qualsiasi proprietario di fabbricato, concedendo in locazione l’immobile, fornisca al conduttore un numero di telefono, per essere avvertito di eventuali problemi riguardanti l’immobile locato, ma tale circostanza non può far concludere che il socio dell’immobiliare-proprietaria che risponde a tale recapito telefonico svolga un’attività lavorativa in senso tecnico, trattandosi al contrario di una normale cautela della proprietà.
Si riscontrano inoltre, nei verbali, principi interpretativi di dubbia fondatezza. Ad esempio secondo le impostazioni dell’INPS tratte da verbalizzazioni, la legge 662/1996 stabilirebbe l’obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti del titolare di azienda inquadrabile nel settore terziario, quindi di colui che si assume il rischio e le connesse responsabilità anche nei confronti di terzi, a prescindere dal numero e dal tipo di affari conclusi, indipendentemente dalla circostanza che gli adempimenti relativi siano eseguiti in proprio o delegati a consulenti esterni.
A parere dello scrivente tale principio non trova riscontro in alcuna disposizione di legge che abbia disciplinato l’iscrizione nella Gestione pensionistica dei commercianti.
Bisogna partire proprio da un’analisi della normativa in proposito per verificare la fondatezza ed avversare efficacemente le pretese dell’INPS.
La Legge istitutiva n 613 del 22/7/1966 identifica come destinatari dell’assicurazione obbligatoria IVS i soggetti che erano tutelati dall’assicurazione malattia commercianti, regolata dalla legge 27 novembre 1960, n. 1397, che all’art. 1 così dispone:
“L’assicurazione contro le malattie prevista dalla presente legge è obbligatoria nei confronti dei soggetti che esercitano attività commerciali e turistiche; nonché degli ausiliari del commercio, in possesso dei seguenti requisiti:
a) siano titolari o gestori in proprio di imprese organizzate prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;
b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita;
c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.”
La legge 160 del 3/6/1975 all’art. 29 conferma:
“L’art. 1 della legge 27 novembre 1960, n. 1397, nel testo modificato dall’art. 1 della legge 25 novembre 1971, n. 1088, è sostituito dal seguente:
L’assicurazione contro le malattie prevista dalla presente legge è obbligatoria nei confronti dei soggetti che esercitano attività commerciali e turistiche, nonché degli ausiliari del commercio, in possesso dei seguenti requisiti:
a) siano titolari o gestori in proprio di imprese organizzate prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;
b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita;
c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.”
La già citata Legge n. 662 del 23/12/1996 così dispone:
“Il primo comma dell’articolo 29 della legge 3 giugno 1975, n. 160, è sostituito dal seguente:
“L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla legge 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;
b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonché per i soci di società a responsabilità limitata;
c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;
d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri o ruoli“.
Dall’esame delle norme citate appare evidente che il legislatore ha, fin dal 1966, considerato essenziale la prestazione lavorativa personale ai fini dell’assicurabilità e quindi all’accesso alle successive erogazioni pensionistiche, trascurando quei soggetti che non prestavano attività lavorativa, limitandosi all’investimento di capitali.
Tutte le forme di assicurazione generale obbligatoria gestite dall’INPS hanno come presupposto una prestazione lavorativa personale di carattere operativo, ed in tal senso l’Istituto ha sempre distinto l’attività di amministratore di impresa da quella operativa, richiedendo l’assicurazione nelle varie gestioni solo per chi presta personale attività operativa, trascurando gli amministratori.
Per questi ultimi, solo con la gestione separata di cui all’art. 2 comma 26 L.335/95, si è individuato un obbligo contributivo.
E anche qualora gli ispettori riscontrassero e contestassero la barratura della casella “attività prevalente” nel Modello Unico della società, tale prova, peraltro eliminabile con apposita dichiarazione correttiva, non è decisiva in quanto la dichiarazione si limita ad affermare che l’attività svolta nella società è prevalente, senza specificare la natura e le caratteristiche dell’attività stessa: viceversa per l’iscrizione nella gestione IVS-COM sono richiesti altri requisiti, che non possono ricavarsi dalla dichiarazione dei redditi della società.
Innanzitutto è richiesto il requisito dell’abitualità, che è elemento essenziale per la costituzione di un valido rapporto previdenziale, perché il legislatore si è preoccupato di non far costituire posizioni previdenziali, per attività sporadiche, che non rivestano quelle caratteristiche necessarie per dar luogo ad un obbligo assicurativo, con conseguente diritto alle prestazioni previdenziali.
E’ lo stesso Istituto che confuta quanto riscontrato non di rado nei verbali: infatti per chiarire cosa si intenda per partecipazione al lavoro aziendale, l’INPS, con la Circolare n. 32 del 15 febbraio 1999, così si esprime: “Si é chiarito, inoltre, che i soci delle predette società sono assicurabili soltanto allorché partecipino al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, restando esclusi dall’obbligo assicurativo, sia i soci conferenti solo capitale sia i soci la cui prestazione lavorativa non presenti i predetti caratteri di abitualità e prevalenza. E’ stato parimenti evidenziato che l’eventuale qualifica di amministratore della S.R.L. rivestita dal socio non fa venir meno l’obbligo assicurativo nella gestione dei commercianti, allorché il socio stesso partecipi, con i predetti requisiti di abitualità e prevalenza, al lavoro aziendale della società, così come previsto dallo stesso art. 1, comma 203, della citata legge n. 662/1996. Si precisa, al riguardo, che nel lavoro aziendale rientra sia l’attività esecutiva, ad esempio vendita dei prodotti, sia attività di organizzazione e di direzione. Preme rilevare, conclusivamente, che l’accertamento della sussistenza dell’obbligo assicurativo nei confronti di un socio di S.R.L. commerciale in nulla differisce dall’accertamento dell’esistenza dell’obbligo stesso in capo ai soci di società di persone tenuti all’iscrizione alla Gestione. Si consideri, al riguardo, che la finalità della innovazione introdotta dalla legge n. 662/1996 va individuata proprio nell’esigenza di evitare che, grazie allo schermo societario, la prestazione di lavoro del socio resa nell’impresa societaria sia sottratta alla contribuzione previdenziale obbligatoria, e, quindi, nell’esigenza di superare la preesistente disparità di trattamento tra le ditte individuali o i soci di società di persone ed i soci di S.R.L.”
Tale Circolare fissa punti condivisibili e efficaci per la difesa dei clienti soprattutto quando insiste sulla necessità del requisito del carattere dell’abitualità e della prevalenza del lavoro dei soci per l’iscrivibilità degli stessi nelle gestioni commercianti.
E nello stesso senso è la successiva Nota dell’Istituto del 22 gennaio 2010 n. 2232 che testualmente afferma: Interpello n. 78 / 2009 Società in nome collettivo- iscrivibilità dei soci -requisito dell’abitualità e prevalenza:“ Si trasmette in allegato, per opportuna conoscenza, l’interpello del Ministero del Lavoro, della salute e delle Politiche Sociali. Si rappresenta che i requisiti di abitualità e prevalenza non possono essere presunti, né desunti o suffragati dalla mera qualità di socio di società di persone, ma devono essere dimostrati dall’Istituto caso per caso. Questo anche al fine di evitare provvedimenti di iscrizione d’ufficio fondati su mere presunzioni, cui segue inutile contenzioso da rivedere, subito dopo, in autotutela”.
Sulla definizione di abitualità si è espressa anche l’Agenzia delle Entrate con Risoluzione n. 126/E del 16/11/2011 da valutare in sede di redazione degli scritti difensivi in quanto nota anche agli ispettori del lavoro: “i connotati dell’abitualità, sistematicità e continuità dell’attività economica vanno intesi in senso non assoluto ma relativo, con la conseguenza che la qualifica di imprenditore può determinarsi anche in ragione del compimento di un unico affare, avente rilevanza economica e caratterizzato dalla complessità delle operazioni in cui si articola, che implicano la necessità di compiere una serie coordinata di atti economici”.
Sempre negli scritti difensivi, ritengo opportuno evidenziare che nei verbali dell’Istituto invece, quanto meno nell’esperienza dello scrivente, raramente si riscontra una puntuale dimostrazione della circostanza che il socio partecipi al lavoro aziendale nella società immobiliare di gestione con abitualità e prevalenza sia con attività esecutiva sia con attività di organizzazione e direzione.
Al contrario, spesso tali immobiliari di gestione hanno sede presso i nostri studi ed è compito dei nostri collaboratori l’effettuazione degli adempimenti civilistici e fiscali; il cliente-socio si limita a pochi accessi allo studio per le firme e per l’approvazione del rendiconto o bilancio; in tali casi, anche in sede giudiziale, può risultare determinante la testimonianza del professionista che, se possibile comprovando il tutto con fatture che dettagliano numerose prestazioni, dimostra come tutto l’onere della gestione dell’immobiliare sia a carico del proprio studio.
Anche i bilanci, opportunamente esposti e letti, costituiscono ottima prova della non operatività di fatto della società e dell’inesistenza di un lavoro svolto dal socio.
Sarà interessante tener monitorato nel proseguo l’orientamento dell’INPS in materia, anche tenuto conto delle risultanze della citata operazione “Poseidone” e probabilmente si rivelerà determinante l’evoluzione giurisprudenziale, in particolare la linea della Corte di Cassazione, che suggerirà ai dirigenti dell’Istituto in quali casi insistere sull’iscrizione anche d’ufficio del socio di immobiliare di gestione ed in quali fattispecie abbandonare una pretesa destinata a soccombere in giudizio.
*ODCEC di Reggio Emilia
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