Recesso o esclusione di socio lavoratore di cooperativa e risoluzione del rapporto di lavoro

di Adalberto Carpentieri* 

L’estinzione del rapporto di lavoro del socio lavoratore di cooperativa sorretto da due autonome ragioni, l’una costituita dall’esclusione deliberata dall’assemblea dei soci sulla base di un fatto riferibile al rapporto mutualistico, l’altra costituita da ragioni attinenti esclusivamente al rapporto di lavoro, da origine a due impugnative che integrano un’ipotesi di cumulo di domande connesse: (i) l’opposizione alla delibera assembleare di esclusione dalla cooperativa e (ii) l’impugnazione del licenziamento.

 La cessazione dei due rapporti, associativo e lavorativo, avvenuto per differenti e autonomi motivi, i quali, anche se fatti valere con un unico ricorso, si riferiscono a due distinte domande giudiziali, rispettivamente finalizzate alla riammissione nella compagine sociale e alla reintegrazione nel posto di lavoro. In tal caso si verte in un’ipotesi di connessione tra cause, regolata dall’art. 40, terzo comma, del codice di procedura civile, con conseguente devoluzione alla cognizione del giudice del lavoro, in forza della prevalenza del rito speciale di cui all’art. 409 del codice di procedura civile. Difatti in ipotesi di annullamento della delibera di esclusione, il rapporto di lavoro del socio lavoratore non verrebbe automaticamente ricostituito, operando l’autonoma causa di risoluzione, rappresentata dal licenziamento. Pertanto, l’opposizione alla delibera di esclusione proposta ex art. 2533 del codice civile non costituisce causa pregiudiziale rispetto all’accertamento della illegittimità del licenziamento. La previsione di automatica estinzione del rapporto di lavoro con il recesso o l’esclusione del socio, deliberati nel rispetto delle disposizioni normative che li regolano (art. 5 legge 30/2003), non esclude la configurabilità di un concorrente licenziamento intimato per ragioni autonome, non afferenti alla prestazione mutualistica.

Il rapporto mutualistico e quello lavorativo non coincidono, poiché le prestazioni riconducibili al primo si identificano in una serie di attività proprie dei soci lavoratori, quali il concorso alla gestione della società e la partecipazione alla formazione degli organi sociali, la definizione della struttura di direzione e conduzione dell’impresa, la formazione del capitale sociale e la partecipazione al rischio di impresa. In caso di concorso di domande connesse opera il principio fissato dall’art. 40, terzo comma, del codice di procedura civile, che fa salva l’applicazione del rito speciale quando una delle cause rientri tra quelle indicate negli artt. 409 e 442 del codice di procedura civile.

La legge 24 marzo 2012, n. 27, nell’attribuire al Tribunale delle Imprese la competenza per le cause connesse a quelle societarie, non ha previsto una esplicita deroga al principio della prevalenza della competenza del giudice del lavoro ai sensi dell’art. 40, comma 3, del codice di procedura civile. In assenza di una esplicita deroga a tale principio, si deve ritenere che l’art. 2, comma 3, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, faccia riferimento a tutte le cause ed i procedimenti che presentano ragioni di connessione, ad eccezione di quelli sottoposti al rito speciale del lavoro. Né potrebbe ipotizzarsi la distinta tutela dei diritti dinanzi a giudici diversi, in ragione di una distinta competenza funzionale, stante il principio di concentrazione e di ragionevole durata del giusto processo di cui agli artt. 24 e 111 della costituzione. In mancanza di una espressa previsione in tal senso, si impone una lettura costituzionalmente orientata della normativa, sotto il profilo della necessità di riequilibrare la posizione di disparità sostanziale delle parti del rapporto giuridico, ai sensi dell’art. 3, comma 2, della costituzione; dunque, la regola generale di cui all’art. 40, comma 3, del codice di procedura civile rimane tale anche alla stregua della legge 27/2012.

In conclusione, nel caso di estinzione del rapporto di lavoro del socio lavoratore di cooperativa sorretto da due autonome ragioni, riferibili l’una al rapporto mutualistico, l’altra esclusivamente al rapporto di lavoro, deve essere dichiarata la competenza del giudice del lavoro a conoscere delle vicende del rapporto lavorativo.

* Avvocato del Foro di Roma

 

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