Responsabilità solidale del committente: inapplicabile agli Enti Previdenziali il termine di decadenza
di Giovanni Chiri *
“Il termine di due anni previsto dal D.Lgs. 276 del 2003, art. 29 comma 2, non è applicabile all’azione promossa dagli enti previdenziali, soggetti alla sola prescrizione”.
Questo il principio espresso recentemente dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 18004 del 4 luglio 2019. Nel caso di specie, l’Inps aveva proposto ricorso avverso la pronuncia di appello che aveva confermato l’infondatezza della pretesa contributiva avanzata nei confronti di una società committente di un appalto per contributi non versati dal datore di lavoro appaltatore, a titolo di responsabile solidale ai sensi dell’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003.
Come noto, la norma in questione attribuisce al committente la responsabilità in solido con l’appaltatore e con ciascuno degli eventuali subappaltatori per la corresponsione dei trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, e dei contributi previdenziali e premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto stesso.
Il committente può quindi essere chiamato dai lavoratori dell’appaltatore o dei subappaltatori al pagamento delle retribuzioni maturate in corso d’appalto, a condizione che entro il termine decadenziale di due anni dalla cessazione dell’appalto, sia proposta azione giudiziale nei suoi confronti. La norma in questione è stata oggetto di interpretazioni contrastanti da parte della giurisprudenza di merito con riferimento all’applicabilità del termine decadenziale oltre che ai lavoratori, anche agli Enti previdenziali. Alcuni Tribunali hanno ritenuto che anche i suddetti Enti fossero assoggettati alla decadenza, in considerazione dell’assenza di una distinzione operata dalla norma tra i destinatari dei trattamenti retributivi e dei versamenti contributivi e riscontrando anche un’identica ratio di tutela delle due posizioni. Si è sostenuto, inoltre, che il carattere eccezionale dell’obbligazione posta in capo al committente ne impedisse un’interpretazione estensiva oltre i limiti temporali stabiliti dalla legge. Infine, si è argomentato che una diversa interpretazione sarebbe contraria al bilanciamento tra gli interessi di tutela per il lavoratore, da un lato, e la certezza dei rapporti giuridici, dall’altro (si vedano Trib. Milano 19-03-2015 e 31-03-2015 e App Milano 06-07-2015, Trib. Torre Annunziata 27-10-2017, App. Ancona 18-01-2018).
Altra giurisprudenza aveva ritenuto al contrario l’inapplicabilità del termine decadenziale agli Enti previdenziali in quanto la lettera della norma si riferisce ai soli lavoratori. Inoltre, si è evidenziata l’autonomia del rapporto previdenziale rispetto al rapporto di lavoro, sebbene questi siano legati da nesso di consequenzialità (Trib. Bologna 21-12-2015, App. Bologna 20-01-2015 e 01-04-2016).
La Suprema Corte ha avallato questo secondo orientamento, in considerazione della struttura e della funzione dell’obbligazione contributiva.
Il rapporto previdenziale e le obbligazioni che ne derivano, sebbene trovino origine nel rapporto lavorativo, sono rispetto a esso distinti e autonomi. L’obbligazione contributiva ha natura indisponibile per le parti del rapporto di lavoro e la sua determinazione è stabilita dalla legge, con norme aventi carattere imperativo, sulla base del “minimale contributivo” individuato dai contratti collettivi.
Questa struttura dell’obbligazione contributiva, secondo la Cassazione, comporta che non sarebbe ammissibile a fronte della maturazione di una retribuzione o addirittura del suo effettivo pagamento che la conseguente obbligazione contributiva non possa essere soddisfatta per il solo fatto che l’Ente preposto non abbia agito entro il termine di decadenza.
Una diversa interpretazione comporterebbe la rottura del nesso consequenziale tra retribuzione e obbligazione contributiva e sarebbe inoltre contraria alla ratio dell’art. 29 d.lgs. 276/2003, riducendo la tutela del lavoratore anziché potenziarla.
Pertanto la possibilità per gli Enti previdenziali di agire nei confronti del committente a titolo di responsabilità solidale per il recupero di contributi maturati in corso di appalto sarebbe soggetta al solo limite di prescrizione quinquennale dell’obbligazione contributiva. Di conseguenza, mentre il lavoratore ha l’onere di proporre azione giudiziale entro il termine di due anni dalla cessazione dell’appalto, al fine di evitare la decadenza dall’esercizio dei propri diritti, i suddetti Enti hanno la possibilità di interrompere il termine di prescrizione anche con un semplice atto stragiudiziale, tipicamente il verbale unico di accertamento e notificazione.
Questa interpretazione, di certo svantaggiosa per il committente di un appalto, può estendersi anche alle ulteriori ipotesi di responsabilità solidale tra committente e datore di lavoro presenti nel nostro ordinamento.
Ci si riferisce in primo luogo al rapporto di subfornitura di cui alla legge 192/1998 al quale, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 254 del 06.12.2017, è stato ritenuto applicabile l’art. 29 comma 2 d.lgs. 276/2003.
Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento alla responsabilità solidale del committente con il vettore e i subvettori nel contratto di autotrasporto di merci su strada per conto di terzi, disciplinata dell’art. 83bis del d.l. 112/2008 (come modificato dalla legge 190/2014, art. 1, commi 247 – 248).
Il comma 4ter della suddetta norma ha una formulazione analoga a quella dell’art. 29 del d.lgs 276/2003, prevedendo però un termine decadenziale più breve: un anno dalla cessazione del contratto di trasporto.
Tale responsabilità è inoltre mitigata dalla disposizione che esenta il committente dalla responsabilità in questione previa dimostrazione di aver verificato la regolarità contributiva del vettore iscritto all’albo dei trasportatori, mediante consultazione dell’apposita sezione del portale istituito dal Comitato centrale per l’albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto di terzi (www.alboautostrasporto.it).
In definitiva, la sentenza n. 18004/2019 della Cassazione impone al committente di un contratto di appalto, subfornitura o trasporto descritti un maggior rigore nella scelta del soggetto al quale affidare l’incarico, in considerazione della possibilità per gli Enti pubblici di richiedere il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi nel più ampio termine quinquennale di prescrizione.
*Avvocato in Mantova
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