Soci di Società di Capitali e pagamento dei contributi alla Gestione IVS Commercianti: la parola alla Cassazione
Stefano Ferri *
Nelle ultime settimane sulla stampa specializzata e da parte della dottrina è stato approfonditamente esaminato il tema dei soci di società di capitali e l’obbligo di pagamento dei contributi nella Gestione IVS Commercianti; tale dibattito ha avuto origine dalla pubblicazione della ben nota Sentenza n. 21540 del 20 agosto 2019, molto commentata ed analizzata, in quanto fissa principi di rilevante portata. Vorrei però soffermare l’attenzione non sulla citata (e nota) pronuncia bensì su una Sentenza sempre della Suprema Corte e riguardante la medesima tematica, ma immediatamente successiva: la recentissima n. 23790 del 24 settembre 2019 che, per inciso, si riferisce ad una vicenda esaminata in primo grado dal Giudice del Lavoro di Reggio Emilia, quindi nel Foro ove esercito la professione. La controversia si riferisce all’individuazione della base imponibile sulla quale il lavoratore autonomo iscritto alla relativa gestione previdenziale, ma anche socio di società di capitale, deve calcolare il proprio debito contributivo; in sostanza se si debba tenere conto di tutti i redditi dal medesimo percepiti nel corso dell’anno di riferimento, ovvero se considerare solo i redditi connessi allo svolgimento di un’attività lavorativa.
La fattispecie è regolata dall’articolo 3-bis della legge 14 novembre 1992, n. 438, di concerto con la legge 2 agosto 1990, n. 233. Quale nota di colore segnalo che il soggetto in questione è socio di cinque società a responsabilità limitata che operano nel settore dei registratori fiscali di cassa, materia ben nota ai Commercialisti.
Il contenzioso nasce dalla richiesta dell’Inps al socio di versare la contribuzione previdenziale IVS Commercianti calcolata tenendo conto, nella determinazione della base imponibile, anche dei redditi attribuiti dalla sua partecipazione alle cinque citate società a responsabilità limitata in proporzione alla quota di cui era titolare in ciascuna. A parere dell’Istituto, infatti, sono da ricomprendere nella base imponibile la “totalità dei redditi d’impresa”, intendendosi in tale definizione tutti i redditi d’impresa, sia che derivino dalla partecipazione del lavoratore autonomo a una società di persone che ad una società di capitali; negli scritti difensivi dell’Inps sovente si legge che i redditi da capitale e i dividendi costituiscono reddito a disposizione del lavoratore autonomo che ne migliorano il tenore di vita e che parteciperanno al miglioramento della prestazione pensionistica.
Per esaminare compiutamente la materia è necessario partire dal dato legislativo quindi, innanzitutto, dal già citato articolo 3-bis della legge 14 novembre 1992, n. 438 che testualmente prevede che “l’ammontare del contributo annuo dovuto per i soggetti di cui alla L. 2 agosto 1990, n. 233, art. 1, è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono”; e al contempo rammentare l’articolo 1 (commi 202 e 203) della legge 662/1996 “L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti (…) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza…”. A questo punto abbiamo già individuato, limitandoci alle norme, il principale punto debole della tesi dell’Istituto: affinché vi sia, a carico del socio di società commerciale, l’obbligo contributivo nella gestione IVS Commercianti è necessaria la “partecipazione personale al lavoro aziendale”; non basta, di conseguenza, la sola maturazione di utili in proporzione alla propria partecipazione a società di capitali nella quale non si presta attività lavorativa.
E’ infatti anche costituzionalmente previsto che il reddito da capitale non fa scattare quei diritti (tra i quali quello alla pensione) che hanno protezione sociale diretta alla libertà dai bisogni.
In aderenza alla previsione normativa, l’obbligo assicurativo sorge nei confronti dei soci di società a responsabilità limitata esclusivamente qualora gli stessi partecipino al lavoro dell’azienda con carattere di abitualità e prevalenza; viceversa al socio che partecipi a società di capitali senza svolgervi attività prevalente ed abituale l’Inps non può imporre obbligo contributivo IVS.
La Sentenza citata assume grande importanza ed interesse anche quando affronta e dimostra l’infondatezza delle tesi dell’Istituto che vorrebbe trarre elementi in supporto delle propria posizione dalla nota Sentenza della Corte Costituzionale n. 354 del 2001; nella Sentenza n. 23790 del 24 settembre 2019 della Corte di Cassazione si legge testualmente: “Inoltre, contrariamente a quanto affermato dall’INPS, non possono trarsi elementi a sostegno della sua tesi dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 354 del 2001: invero, in tale sentenza, con la quale si è ritenuta non fondata la censura di legittimità costituzionale del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 3-bis, convertito, con modificazioni, nella L. 14 novembre 1992, n. 438 – concernente la sottoposizione a contribuzione INPS dei redditi denunciati ai fini IRPEF dal socio accomandante di società in accomandita semplice – sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., art. 38 Cost., comma 2, e art. 53 Cost., si è chiarito che la norma che sottopone a contribuzione INPS i redditi denunciati ai fini IRPEF dal socio accomandante di società in accomandita semplice, non introduce una discriminazione in danno di questi rispetto al socio di società di capitali. Infatti, ha aggiunto il giudice delle leggi, nell’ambito delle società in accomandita semplice (e in quelle in nome collettivo) assume preminente rilievo, a differenza delle società di capitali, l’elemento personale, in virtù di un collegamento inteso non come semplice apporto di ciascuno al capitale sociale, bensì quale legame tra più persone, in vista dello svolgimento di un’attività produttiva riferibile nei risultati a tutti coloro che hanno posto in essere il vicolo sociale, ivi compreso il socio accomandante. Ciò in quanto il reddito prodotto dalle società in accomandita semplice è reddito proprio del socio, realizzandosi, in virtù del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, come la stessa Corte Costituzionale ha già avuto occasione di rilevare, sia pure agli specifici fini tributari, “l’immedesimazione” fra società partecipata e socio (ordinanza n. 53 del 2001).”.
Viene di conseguenza confermato anche dalla Corte Costituzionale che, nell’ambito delle società in accomandita semplice, e per analogia nelle società in nome collettivo, assume determinante rilievo l’elemento personale, essendo queste realizzate per creare un legame tra più persone diretto allo svolgimento di un’attività produttiva i cui redditi saranno imputati a tutti coloro che hanno partecipato, compreso il socio accomandante; ben diversa è sotto questo punto di vista la società di capitali.
Alla luce di quanto esposto, la citata Sentenza n. 23790 del 24 settembre 2019 della Corte di Cassazione conclude confermando la decisione della Corte d’Appello di Bologna (e del Tribunale di Reggio Emilia in primo grado) che ha affermato che gli utili derivanti dall’essere socio di capitale di società di capitali, come nella fattispecie del ricorrente, non rientrano nella nozione di reddito di impresa di cui all’articolo 3-bis della legge 14 novembre 1992, n. 438 “atteso che gli stessi, per le ragioni sopra esposte, non afferiscono al reddito derivante da attività di impresa che dia titolo alla iscrizione alla Gestione commercianti.”
La presente pronuncia, unitamente alla ben nota e già citata n. 21540 del 20 agosto 2019 sempre della Suprema Corte, costituiscono un’interpretazione determinante sulla materia e si auspica che l’Istituto, in ossequio alla giurisprudenza formatasi, eviti ulteriori provvedimenti di richiesta contributi ai soci di società di capitali nelle fattispecie indicate, onde evitare inutile contenzioso il cui esito in Cassazione appare scontato e negativo per l’Inps.
*Odcec Reggio Emilia
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