Comunicazione del licenziamento efficace all’ultimo domicilio conosciuto del lavoratore
di Anna Isoardi Odcec di Cuneo
Nonostante le continue novità sulla materia, la comunicazione del licenziamento, nasconde sovente insidie per il datore di lavoro, soprattutto quando per motivi disciplinari si ricorre a tale istituto nel rispetto della procedura prevista dall’articolo 7, L. 300/1970, e delle disposizioni di dettaglio della contrattazione collettiva.
In molti casi infatti, per pura strategia difensiva, il lavoratore non ritira le comunicazioni inviate mediante raccomandata o ancor più non si trova presso il domicilio conosciuto dal datore di lavoro.
Oggetto della recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Lav., 25 settembre 2017, n. 22295 è stato proprio questo ultimo aspetto.
L’esito dei giudizi di merito (Corte d’Appello di Napoli n. 3026 del 17 aprile 2014) aveva visto soccombere il datore di lavoro, con la dichiarazione di inefficacia del licenziamento, in quanto la comunicazione di licenziamento non era pervenuta al nuovo domicilio della lavoratrice, comunicato solo indirettamente nella lettera prevista per la scelta di destinazione del Tfr, che la lavoratrice aveva effettuato nel giugno 2007. Il Ccnl applicato, Metalmeccanica industria, prevede infatti che i lavoratori comunichino i successivi mutamenti di residenza e di domicilio.
Secondo la Suprema Corte, stante la previsione di un preciso obbligo di comunicazione del cambio di domicilio, la lettera relativa alla destinazione del Tfr non può ritenersi idonea a soddisfare tale obbligo di comunicazione di domicilio, “non potendosi evincere …alcun intendimento del mittente in tal senso”.
Anche il secondo motivo del ricorso è stato accolto, in quanto erroneamente la Corte d’Appello non aveva considerato che il rispetto del termine per la comunicazione del licenziamento deve essere verificato al momento della spedizione e non della ricezione.
Pertanto se ne evince che nel momento in cui il datore di lavoro commina il licenziamento nei termini di legge all’ultimo indirizzo da lui conosciuto in capo al lavoratore, tale comunicazione è assolutamente efficace per tutti gli istituti che ne derivano. La variazione del domicilio è dunque parte degli obblighi di buona fede e correttezza che dovrebbero caratterizzare il rapporto contrattuale di lavoro e pertanto ne è parte attiva il lavoratore stesso.
Certo è che non essendo stabilito alcun obbligo formale in merito alla comunicazione di variazione in esame si consiglia comunque, in termini pratici, di prevedere nel regolamento aziendale e/o nella lettera di assunzione, la specificazione dell’obbligo di comunicazione della variazione del domicilio, definendo così in modo certo e inequivocabile, l’obbligo di buona fede del lavoratore.
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