Prestazione lavorativa onerosa e gratuita
di Luca Campagnoli Odcec Piacenza
È prestatore di lavoro subordinato (Art. 2094 c.c) chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.
La fattispecie del rapporto di lavoro, oltre agli estremi della collaborazione o subordinazione, è caratterizzata anche dall’onerosità.
E’ consolidato in giurisprudenza l’orientamento secondo cui ogni attività di lavoro oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume (salva prova contraria) effettuata a titolo oneroso; di conseguenza l’assunto della sua riconducibilità ad un diverso rapporto (non di lavoro subordinato), con la relativa gratuità della stessa attività, esige una prova rigorosa da parte del datore di lavoro” (Cass. 18813/2008).
Possono verificarsi delle fattispecie particolari, caratterizzate da una rilevante tipicità sociale – come quelle rese nell’ambito di convivenze familiari. In tali casi la presunzione di onerosità cede il passo alla presunzione di gratuità. La giurisprudenza ha più volte chiarito che il lavoro prestato in ambito famigliare può presumersi a titolo gratuito per il solo fatto che il fruitore sia uno stretto congiunto. Al di fuori dell’impresa famigliare, il rapporto di lavoro si presume gratuito in presenza di un vincolo politico, ideale o religioso. In questo caso la prova dell’onerosità si inverte e ricade pertanto, su chi intenda eccepire la natura giuridica della stessa.
Il rapporto di lavoro può quindi presumersi a titolo gratuito quando viene a mancare l’animus contrahendi e la prestazione è resa “affectionis vel benevolentiae causa”, ossia in quanto motivata da un rapporto di affetto verso il fruitore della prestazione, di familiarità, da un vincolo filantropico, o religioso. Di seguito si schematizzano le due principali casistiche
- prestazione in ambito familiare, per il solo fatto che il fruitore sia uno stretto congiunto. Vi è la presunzione di gratuità in presenza di un rapporto tra coniugi o di un vincolo tra parenti e affini fino al sesto grado o di convivenza tra datore di lavoro e lavoratore. Un indicatore importante da valutare è che i soggetti del rapporto di lavoro siano conviventi sotto lo stesso tetto. In questi casi la Circolare INPS 179/1989 prevede addirittura che la prova dell’onerosità sia rigorosa e non soltanto formale;
- in presenza di un vincolo politico, ideale o religioso. Si tratta in questi casi di volontari che svolgono un’attività libera e gratuita per ragioni private e personali, che possono essere di solidarietà, di giustizia sociale, di altruismo o di qualsiasi altra natura. Le caratteristiche salienti di questa prestazione sono:
a) l’assoluta gratuità, il volontario non può essere retribuito o ricompensato in alcun modo e a nessun titolo, nè con elargizioni o doni, nè con rimborsi spesa non documentati e non riferiti al servizio svolto;
b) la liberalità della prestazione: il volontario non ha alcun obbligo (orari e giorni) anche se questo non significa che non possa svolgere con regolarità il servizio.
Nel caso in cui sia stato richiesto al giudice il riconoscimento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, il giudice può utilizzare gli elementi di fatto disponibili per accertare l’effettiva natura, onerosa o gratuita, della prestazione e, in mancanza di prova di una prestazione “affectionis vel benevolentiae causa”, ovvero a mero titolo didattico o di esperienza del lavoratore, può ricorrere anche alla valutazione equitativa per la determinazione dell’eventuale compenso spettante. L’indagine del giudice deve dunque tener conto della natura degli interessi in gioco, del tipo e delle modalità concrete della prestazione di lavoro, della sua importanza quantitativa, della qualità e delle condizioni economico-sociali delle parti, dei loro rapporti personali, etc. (Cass. 1895/1993).
Riassumiamo concludendo che al principio generico di onerosità della prestazione di lavoro corrisponde un principio di presunta gratuità della prestazione resa negli specifici ambiti sopra descritti. Una volta appurata la presunzione in cui si opera emerge anche l’identificazione del soggetto su cui grava l’onere di provare che il rapporto non si svolge secondo quanto presunto. La valutazione del giudice può quindi portare:
– in caso di prestazione onerosa, alla qualificazione della prestazione in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato;
– in caso di prestazione gratuita, al disconoscimento del rapporto fittizio predisposto con l’esclusiva finalità di precostituire una posizione previdenziale falsa ovvero ottenere indebite prestazioni assistenziali.
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